L'otosclerosi, detta anche otospongiosi, è una malattia dell'orecchio che porta a fissità degli ossicini e quindi diminuzione dell'udito. Questa è una particolare malattia osteodistrofica che colpisce la sola capsula ossea del labirinto, senza interessare minimamente le altre ossa dell'organismo. E' di solito bilaterale, colpisce soggetti giovani (seconda, terza, quarta decade di vita) e in maggioranza donne. La malattia ha carattere ereditario e si aggrava con gravidanza e allattamento.
Riporto quanto scrissi nel 1992 in un articolo pubblicato sulla rivista Diagnosi & Terapia.
Nei pazienti affetti da otosclerosi si osserva che il processo distrofico della capsula ossea porta alla formazione di focolai di osso neoformato che provocano fissità della staffa, il più piccolo ossicino della catena ossiculare.
Sotto il profilo anatomo-patologico la malattia evolve in tre fasi.
1) Fase della congestione osteoide.
2) Fase della spongiosi.
3) Fase della sclerosi.
La tecnica chirurgica prevede un accesso attraverso il condotto uditivo esterno. Il sollevamento della membrana timpanica, l'esposizione e la rimozione della sovrastruttura della staffa, il foro con microfresa della platina e la sistemazione della protesi che viene agganciata alla lunga apofisi dell'incudine.
L'intervento chirurgico non è scevro da rischi, però nella maggioranza dei casi può portare ad un buon miglioramento della perdita uditiva.
Si riconoscono tre forme di otosclerosi. La più nota è la fissità della staffa (o otosclerosi stapediale o otospongiosi). Secondo alcuni questa forma si riscontra nell'85% di tutti i casi di otosclerosi. Molto meno frequenti sono l'otosclerosi cocleare e l'otosclerosi mista.
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