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L’impianto cocleare, proposto già negli anni sessanta, dopo una continua evoluzione, è oggi un dispositivo elettronico strutturalmente molto preciso che ha la funzione di stimolare elettricamente il nervo cocleare.

E’ noto che l’orecchio sul piano funzionale si divide in tre parti: orecchio esterno, orecchio medio, orecchio interno (o coclea) e nervo cocleare (Fig. 1).

ear external middle internal

Fig. 1 - Le tre parti in cui si divide l'orecchio.

L'orecchio esterno (external ear) serve per raccogliere le onde di pressione sonora e convogliarle verso la membrana timpanica (tympanic membrane). 

L’orecchio medio (middle ear) è costituito da una parte meccanica denominata apparato di trasmissione. E’ formato dalla membrana timpanica e dalla catena dei tre ossicini (martello, incudine e staffa). L’orecchio medio serve per trasformare le onde sonore (onde di rarefazione e compressione dell’aria) in una vibrazione di tipo meccanico. Queste vibrazioni attraverso la staffa e la membrana della finestra ovale, raggiungono la coclea. Le vibrazioni sonore determinano una compressione ed una decompressione sui liquidi endococleari (perilinfa ed endolinfa).

L’orecchio interno (inner ear), ai fini della funzione uditiva, si identifica con la coclea. La coclea è un organo importantissimo, è interamente scavata all’interno della rocca petrosa (parte dell’osso temporale) e svolge una funzione fondamentale: la trasduzione meccano-elettrica. Sappiamo che la staffa e la membrana della finestra ovale quando ricevono uno stimolo sonoro, vibrano. La vibrazione la trasmetto all’interno dove c’è un liquido denominato perilinfa. Per effetto delle vibrazioni sonore il liquido (la perilinfa) subisce variazioni di pressione. Questo liquido scorre all'interno della coclea, cioè un complesso sistema di membrane dove si trova anche un secondo liquido: l’endolinfa. Schematicamente nella coclea è presente un duplice sistema di liquidi separati da delicate membrane. Il liquido più abbondante è la perilinfa. La sollecitazione sonora di tipo meccanico che proviene dall’orecchio medio comporta oscillazioni di tipo pressorio prima sulla perilinfa e poi sull’endolinfa. L’endolinfa è in contatto con la parte più interessante della coclea: l’organo di Corti.

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A sinistra una sezione della coclea e a destra il particolare ingrandito indicato nel
rettangolo rosso: questo è l'organo di Corti (o ganglio spirale di Corti).
1: scala vestibolare;  2: dotto cocleare;  3: membrana tectoria;  4: scala timpanica;
5: fibra nervosa afferente che, assieme ad altre, andrà a costituire il nervo cocleare (9);
6: cellula ciliata interna (nel disegno di colore giallo);  7: cellule ciliate esterne;
Ciliato e cigliato sono equivalenti: significano "provvisti di ciglia".
8: membrana tectoria;  9: nervo cocleare;  10: condotto uditivo interno.

Nel disegno l'organo di Corti è in sezione, nella realtà la coclea ha la forma di un guscio di lumaca
ed è una struttura canalare che si arrotola per oltre due giri. 

 

L’organo di Corti (detto anche ganglio spirale di Corti) venne scoperto dall’anatomico italiano Alfonso G.G. Corti (1822 – 1876). In quest’organo sono contenuti due tipi di cellule: cellule di sostegno e cellule acustiche (o recettori cocleari). Ai fini della percezione uditiva sono importanti le cellule acustiche, che si distinguono in cellule ciliate interne (6) ed esterne (7). Queste sono in grado di trasformare le variazioni di pressione dei liquidi in un segnale elettrico. Le cellule acustiche sono dotate di cilia che si flettono in risposta alle variazioni di pressione dell’endolinfa, a questo movimento corrisponde la liberazione di un trasmettitore chimico che agendo in corrispondenza della sinapsi, fa scattare il potenziale d’azione (cioè un segnale elettrico). Questa azione si chiama trasduzione meccano-elettrica. In termini meno scientifici significa che un suono viene trasformato in una variazione di pressione di liquidi (perilinfa ed endolinfa) e poi si trasforma in un segnale elettrico. I recettori cocleari (cellule ciliate 6 e 7) sono in contatto con singole fibre nervose (5). La giunzione tra due cellule nervose (nello specifico recettore e fibra del nervo cocleare) si chiama sinapsi. Ogni suono sollecita in modo diverso le cellule acustiche e quindi partono impulsi nervosi diversi. Occorre ricordare che tutto il nostro sistema nervoso è in grado di valutare solo segnali elettrici. L’occhio, il naso, i polpastrelli delle dita non fanno altro che trasmettere segnali elettrici a specifiche aree del cervello che interpreta rispettivamente come sensazioni visive, olfattive e tattili. La coclea svolge l’azione di trasformare segnali uditivi in segnali elettrici.L'ultima componente anatomica importante per la percezione uditiva è il nervo cocleare (cochlear nerve nella prima figura). Tutte le fibre che partono da ciascun recettore cocleare si uniscono in un unico fascio che si forma al centro della coclea. Questo fascio è appunto il nervo cocleare, un nervo di breve lunghezza che dalla coclea esce, percorre il condotto uditivo interno e raggiunge direttamente il ponte, cioè quella parte del cervello dove inizia la via uditiva centrale. Attraverso diversi fasci nervosi gli impulsi elettrici raggiungono aree specifiche del cervello.   

Queste considerazioni anatomo-fisiologiche hanno un importante riscontro pratico. Un esame molto semplice come l’esame audiometrico ci permette di fare una suddivisione importante delle perdite uditive. Dal confronto di via aerea e via ossea abbiamo ipoacusie di trasmissione, ipoacusie percettive e miste. Troverete un articolo su come si legge un esame audiometrico. Qui mi limito a precisare che le ipoacusie di trasmissione (fig. 2 - a) il danno è localizzato nell'orecchio medio. Dal grafico si vede che la via aerea è abbassata, mentre la via ossea è normale. Nelle ipoacusie percettive il danno si trova nella coclea o raramente nel nervo (fig. 2  - b); in queste la via aerea e la via ossea sono abbassate in eguale misura. Esistono anche ipoacusie dove il danno è sia nell'orecchio medio che in quello interno, sono le ipoacusie miste (vedi fig. 2 - c). In questi casi come si vede dal grafico la via aerea è abbassata e la via ossea ( > ) si trova in una posizione intermedia.

 ipoacusia trasmissiva percettiva mista sordita infantile govoni 87

Fig. 2 - Attraverso l'esame audiometrico è possibile individuare la sede dell'ipoacusia.

 

Le ipoacusie percettive a loro volta, attraverso esami più complessi come i potenziali evocati uditivi, si distinguono in cocleari e retrococleari.  Le forme retroclceari sono le malattie del nervo acustico. Dal punto di vista statistico le sordità retrococleari sono rarissime, meno di una ogni diecimila sordità cocleari.

L’impianto cocleare (IC) di cui parleremo è pertanto un dispositivo che permette la stimolazione elettrica diretta del nervo cocleare dall’interno della coclea. Questo dispositivo viene impiantato con un intervento chirurgico.

impianto cocleare naida impiantabile

Fig. 3: Impianto cocleare: parte che viene impiantata nell'orecchio.

Ogni impianto è composto di due parti: esterna ed interna. La parte interna è l'impianto propriamente detto; è costituita da un ricevitore-stimolatore, collegato ad una serie di elettrodi che attraverso un intervento chirurgico sono stati posizionati all’interno della coclea (Fig. 3).  La coclea è molto piccola e nelle due immagini seguenti si osserva una risonanza magnetica della testa dove si vede la coclea di sinistra (Fig. 4) e subito dopo il particolare della coclea ingrandito (Fig. 5).

coclea RMN orecchio risonanza magnetica bravo otorino

Fig. 4 - Risonanza Magnetica della testa (proiezione coronale) si vede bene la coclea di sinistra.

 

coclea RMN orecchio

Fig. 5 - Particolare ingrandito della figura 4.
Col n. 1 è indicata la coclea di sinistra.

 

Ho inserito le immagini di Risonanza Magnetica per indicare dove si trova la coclea e per illustrare le difficoltà che ci sono ad inserire l'elettrodo di un impianto cocleare. Questi elettrodi stimolano direttamente le fibre nervose del nervo cocleare. In altre parole lo stimolo elettrico dell'impianto scavalca l’orecchio medio ed anche i recettori dell’organo di Corti (cellule ciliate) ed arriva a stimolare il nervo cocleare. 

impianto cocleare naida parte esterna

Fig. 6: impianto cocleare: parte esterna. 

La parte esterna (processore) si trova dietro all'orecchio ed ha molte analogie con una protesi acustica tradizionale (Fig. 6).

L’impianto cocleare trova indicazione nel trattamento delle ipoacusie percettive gravi e profonde, dove c’è un danno delle cellule acustiche (recettori cocleari) che non riescono a svolgere in modo adeguato la trasduzione meccano-elettrica, cioè la trasformazione del suono in segnale elettrico.

L'impianto è anche indicato nelle persone che non sopportano le protesi tradizionali e in coloro che, con o senza protesi, hanno uno scarso riconoscimento del parlato.

Nel linguaggio comune esistono altri nomi per indicare l’impianto cocleare come “orecchio bionico” o “coclea artificiale”; sono queste denominazioni che sconsiglio di usare.

Nei soggetti sordi profondi normalmente si consiglia di sottoporre ad intervento con impianto cocleare un solo orecchio e nell'altro si applica la protesi tradizionale. Questo tipo di protesizzazione prende il nome di stimolazione bimodale. Si tratta di una stimolazione elettrica in un orecchio [quello dove c'è l'impianto cocleare] e una stimolazione acustica amplificata nell'orecchio dove c'è la protesi tradizionale, quasi sempre retroauricolare.

 

sordita infantile impianto cocleare govoni 217

Fig. 7 - Disegno di uno dei primi impianti cocleari.
Immagine tratta dal libro "La sordità infantile" di Carlo Govoni,
Edizioni Scientifiche Oppici, Parma, 1994.

 

 

NOTA STORICA    Il 25 febbraio 1957 l'otochirurgo Charles Eyries supportato dal fisico medico André Djourno, in una clinica di Parigi, realizzarono il primo impianto cocleare sull'uomo. I risultati furono scarsi e questa idea non venne considerata interessante. Comunque gli studi si moltiplicarono sia in Europa che negli Stati Uniti d'America. Il primo impianto cocleare in Italia venne eseguito a Trento dal prof. Gregorio Babighian (febbraio 1983), il secondo, sempre nello stesso anno dal prof. Carlo Zini della clinica otorinolaringoiatrica IIa di Parma.

 

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