Molte persone si rivolgono al medico perché avvertono uno strano rumore come se fosse nell'orecchio o all'interno della testa e pensano di avere gravi malattie. Questi rumori sono descritti dai pazienti con una notevole varietà di termini; può essere un fastidio, un fruscio di foglie, una sirena, una pulsazione continua, un cinguettio di uccellini, una cascatella d'acqua, un televisore mal sintonizzato, ecc.
E' importante precisare che questi strani rumori non sono provocati da stimolazioni sonore provenienti dall'ambiente in cui il paziente vive, ma sono generati e percepiti all'interno del nostro corpo e sono definiti "acufeni".
Gli acufeni, nella maggioranza dei casi, sono un fenomeno soggettivo, cioè è percepito solo dal paziente. Molto eccezionalmente possiamo parlare di rumori o acufeni oggettivi, cioè suoni o rumori che possono essere percepiti anche dall'esaminatore per mezzo di un fonendoscopio.
Le nostre conoscenze su questo sintomo sono molto scarse. Sappiamo che ha una elevata frequenza: circa l'8% delle persone adulte ne soffre e se si analizzano le sole persone anziane la percentuale è ancora più elevata.
Un paziente è facile che di propria iniziativa o su consiglio del medico si rvolga ad uno specialista otorinolaringoiatra. Può succedere che esca dall'ambulatorio sentendosi dire che non esiste terapia e dovrà tenersi il ronzio per tutta l'esistenza.
Ad alcune persone che soffrono di questo disturbo sono state proposte terapie specifiche, come l'uso di stimolazioni laser oppure l'agopuntura o sono stati consigliati mascheratori di acufeni (TRT). Purtroppo mi risulta che molte persone che hanno affrontato questi trattamenti sono rimasti delusi.
Altro aspetto importante è individuare la malattia che ha portato all'acufene. Questo è un sintomo frequentissimo e compare nella quasi totalità delle malattie dell'orecchio e anche in molte malattie che non sono di competenza otologica.
Ho sempre scritto che l'acufene è un sintomo, non è una malattia. Quindi molte malattie possono provocare questi fastidiosi ronzii.
Oggi purtroppo i medici devono fare una battaglia contro l'informazione digitale. Il WEB è pieno di siti dove si parla di acufene come se fosse il primo sintomo di un tumore al cervello. Tutto può succedere nella vita, ma non si può pensare che un sintomo che, per esempio, in Italia colpisce circa cinque milioni di persone ci siano cinque milioni di persone dove verrà diagnosticato un tumore al cervello. Sicuramente, trattandosi di un sintomo così frequente, tra questi cinque milioni di persone ci sarà qualcuno dove verrà diagnosticato un tumore endocranico, ma quello che è importante è che le percentuali sono praticamente uguali a quelle della popolazione che non soffre di acufeni. "I tumori primitivi del sistema nervoso centrale hanno in Europa un'incidenza di cinque casi su 100.000 abitanti/anno, senza significative differenze tra le varie nazioni europee." (1) In queste linee guida si legge che questa incidenza è maggiore in coloro che hanno superato i 65 anni. Indirettamente si deduce che sotto ai 65 anni l'evento è più raro.
Quello che ritengo importante sottolineare che non c'è un rapporto evidente tra acufene e tumore al cervello. Questo è determinato dal fatto che le persone che soffrono di acufeni sono moltissime.
Le descrizioni dei vari sintomi, oggi facilmente reperibili in Internet, servono solo ad alimentare stati d'ansia ingiustificati. Tutte le persone nel momento in cui si autoanalizzano sono portate a far propri i sintomi che stanno leggendo nei vari articoli. Il vero problema lo vedo nella descrizione dei sintomi. Un esempio classico è l'associazione del sintomo acufene e ipoacusia monolaterale. Le persone che hanno un ronzio in testa o in un orecchio e pensano di sentire meno da un orecchio sono numerosissime. I due sintomi sono del tutto aspecifici. Tra tutte le persone che hanno un calo di udito in un orecchio almeno il 95% riferiscono di avere un acufene. Il risultato pratico è che tutte queste persone si presentano al medico con gli stessi sintomi.
Qualcuno potrebbe chiedersi, ma come fanno i medici a capire le differenze tra un caso e un altro se tutti raccontano la stessa sintomatologia?
La capacità del medico risiede proprio in questo: i racconti delle persone sono molto simili, ma le diagnosi sono diverse e le terapie, ovviamente, sono differenti.
Nel caso di una persona che dice di avere un calo di udito in un orecchio e un acufene il medico deve semplicemente verificare i due problemi. L'analisi dell'acufene è un percorso che deve essere seguito, ma è complesso e infido. Considero l'acufene un sintomo aspecifico che ben difficilmente, da solo, potrà portarmi ad una diagnosi.
Molto più importante è lo studio del calo di udito (ipoacusia). Con le prove audiometriche possiamo capire se esiste veramente un calo di udito e, in ipotesi affermativa, di quanto. Non dobbiamo dimenticare che esistono fenomeni strani, alcuni pazienti pensano di sentire poco da un orecchio e poi, alla luce di un esame audiometrico, le due orecchie sentono allo stesso modo.
Analizzare l'ipoacusia è importante, pensiamo ora a chi effettivamente sente poco da un orecchio. Il primo ragionamento da fare è che la malattia che ha portato al calo uditivo sia la stessa che ha determinato l'acufene. Già da questa prima affermazione si dovrebbe capire che il cervello non c'entra. L'analisi va fatta sulla perdita uditiva, quindi ci si deve concentrare sull'apparato uditivo.
Dagli esami audiometrici e impedenzometrici si capisce se la perdita uditiva è di trasmissione o percettiva o mista. Pertanto si stringe il campo delle possibilità a determinate malattie localizzate in una parte dell'orecchio.
Qui sono rappresentati gli esami di due pazienti molto diversi tra loro.
Entrambi riferiscono di avere un acufene e una perdita uditiva in orecchio sinistro.
Il primo ha una lieve ipoacusia di trasmissione e il suo problema è localizzato
nella cassa del timpano (orecchio medio).
Il secondo ha una ipoacusia percettiva o neurosensoriale,
la sede della malattia è quindi la coclea (orecchio interno).
[Per approfondire vedi "come si legge un esame audiometrico?"]
L'approccio del paziente ai problemi di salute attraverso l'analisi dei propri sintomi e confrontarli con quanto si leggeva sulle enciclopedie mediche ed oggi su Internet è un approccio negativo che comporta esegerati stati d'ansia, del tutto ingiustificati. Le valutazioni eseguite da un medico sono completamente diverse rispetto alle valutazioni (o autovalutazioni) che si possono fare da soli. Il mio consiglio è utilizzare Internet per conoscere i medici, per acquisire nozioni generali sulle malattie, ma non per fare autodiagnosi e peggio ancora per fare autoprescrizioni.
Ricordo che già all'inizio del ventesimo secolo c'è stato chi poneva l'attenzione sull'eccessivo utilizzo delle enciclopedie mediche e raccomandava molta attenzione per non correre il rischio di morire "per un errore di stampa" (2). Oggi occorre stare ancor più attenti: si corre il rischio di farsi del male "sia per gli errori di stampa e sia per gli errori del WEB".
Bibliografia:
1 - Associazione Italiana di Oncologia Medica "Linee guida neoplasie cerebrali", Edizione 2016.
2 - Mark Twain (1835-1910) ha scritto "attento a leggere i libri di medicina: potresti morire per un errore di stampa."
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