Si tratta di interventi denominati funzionali, in quanto sono tutti interventi idonei a conservare la funzione uditiva. Sappiamo che una causa di vertigine è la malattia di Ménière. Questa malattia comporta l’idrope endolinfatica, cioè un accumulo di endolinfa all’interno dell’apparato vestibolare. Occorre precisare che questa malattia comporta ipoacusia monolaterale e la sua evoluzione si caratterizza anche per un progressivo deterioramento dell'udito.
Il sacco endolinfatico si trova in uno sdoppiamento della dura madre. Lo scopo della chirurgia del sacco è in primo luogo decomprimere il sacco. In secondo luogo si migliora il drenaggio dell’endolinfa. Esistono numerose varianti finalizzate a quest'ultimo scopo.
Il primo intervento sul sacco è stato proposto da Georges Portmann nel 1926. Questo famoso otorinolaringoiatra di Bordeaux eseguì una decompressione del sacco associata ad una apertura semplice verso la mastoide.
Negli anni successivi sono state perfezionate diverse varianti.
Gli interventi sul sacco endolinfatico maggiormente utilizzati sono sei.
1 – Decompressione semplice (Shambaugh)
2 – Apertura del sacco verso la mastoide (Georges Portmann)
3 – Apertura e posizionamento di drenaggio in silastic verso la mastoide (Shea)
4 – Apertura del sacco verso gli spazi sub-aracnoidei (Hasegawa e Naito)
5 – Apertura e posizionamento di valvola specifica verso la mastoide (Arenberg)
6 – Apertura e posizionamento di drenaggio subaracnoideo (W. House).
In tutti gli interventi descritti da 2 a 6 si esegue sempre, prima di iniziare le manovre sul sacco, la sua decompressione.
Questa chirurgia si esegue con paziente totalmente addormentato (in narcosi) e il lavoro più delicato si esegue sotto controllo microscopico. Le indicazioni sono riservate alle persone che soffrono di sindromi vertiginose recidivanti, resistenti alle terapie fisiche e mediche ben condotte, dove si ritiene che la patogenesi della vertigine sia l'idrope endolinfatica.
Nel disegno è schematizzato il campo operatorio alla fine di una mastoidectomia sub-totale.
La via d’accesso per eseguire questi interventi è la mastoidectomia sub-totale. Dopo che si è aperta la mastoide si individua l'aditus ad antrum, si riconosce l'incudine, poi si esegue la scheletrizzazione del nervo facciale e si espongono i canali semicircolari ossei laterale e posteriore Terminata la mastoidectomia occorre localizzare e poi individuare il sacco endolinfatico; questi tempi chirurgici non sono semplici. Normalmente il sacco si trova sull’asse del canale semicircolare laterale, ma non sempre è così. Alcune volte si trova spostato anteriormente e lo si può reperire anche coperto dal nervo facciale.
Riconosciamo tre posizioni più frequenti.
A – Il sacco è largo e si trova proprio sull’asse del canale semicircolare laterale.
B – Il sacco ha forma allungata e decorre spostato in basso e in avanti.
C – Il sacco è sempre si forma allungata e decorre parallelo al canale di Falloppio (canale scavato nell’osso temporale che contiene il nervo faciale).
E' stato asportato l'osso residuo fino all'esposizione della dura madre.
In questo caso il sacco endolinfatico è largo e si trova sul prolungamento
del canale semicircolare laterale. (posizione A)
Qui sono indicate le altre due varianti.
B: il sacco ha forma allungata e si trova spostato anteriormente;
C: il sacco decorre parallelo al canale di Falloppio
Questa che ho indicato con la lettera C è la situazione chirurgica più complicata.
1 – Decompressione semplice (Shambaugh)
E' l'intervento più semplice, ci si limita all'esposizione della dura madre. Lo scopo è quello di favorire l'espansione del sacco endolinfatico per contrastare gli aumenti di pressione dell'endolinfa. Qui sotto è raffigurata la masoidectomia sub-totale con esposizione della dura madre e del sacco.
2 – Apertura del sacco verso la mastoide (Georges Portmann)
E' questo il primo intervento sul sacco presentato nel 1926 dalla scuola di Bordeaux. Dopo aver eseguita l'esposizione si esegue un'incisione longitudinale del sacco sulla sua faccia mastoidea. L'apertura con microbisturi permette la fuoriuscita dell'endolinfa e quindi una maggior riduzione della pressione rispetto alla decompressione semplice.
E' interessante ricordare che nel 1926 non esisteva il microscopio operatorio e pertanto i primi interventi sono stati eseguiti sotto il semplice controllo visivo e tutt'al più con l'ausilio di una lente.
Nella figura col numero 2 è raffigurata l'apertura del sacco endolinfatico con la tecnica di G. Portmann,
mentre col n. 3 posizionamento di shunt endolinfatico secondo J. Shea
3 – Apertura e posizionamento di drenaggio in silastic verso la mastoide (John J. Shea)
Questo intervento è da ritenersi un perfezionamento dell'intervento di G. Portmann. Si esegue sempre l'incisione verso la mastoide e si inserisce un pezzetto di silastic opportunamente modellato (shunt) allo scopo di mantenere pervia l'incisione. Esistono diverse varianti a questa tecnica dello shunt endolinfatico.
4 – Apertura del sacco verso gli spazi sub-aracnoidei (Hasegawa e Naito)
E' questa un'altra variante dell'intervento di Georges Portmann. Una volta individuato il sacco si incide tutt'attorno in modo da svincolarlo dalla restante dura madre (apertura dura madre). Si ribalta anteriormente e si esegue l'incisione sulla faccia interna del sacco (apertura sacco - vedi figura). Lo scopo è quello di creare un passaggio tra endolinfa e spazio sub-aracnoideo. Alla fine l'incisione durale viene suturata allo scopo di impedire complicanze come le fistole liquorali.
Apertura chirurgica del sacco endolinfatico verso gli spazi sub-aracnoidei
secondo la tecnica perfezionata da Hasegawa e Naito
5 – Apertura e posizionamento di valvola specifica verso la mastoide (Kaufman Arenberg)
Questo intervento proposto da Arenberg è l'intervento verosimilmente più raffinato. Questo autore ha brevettato una apposita valvola che termina con un tubicino, quest'ultimo viene inserito nel dotto endolinfatico e la valvola sostituisce il sacco nella sua funzione.
6 – Apertura e posizionamento di drenaggio subaracnoideo (William Fitzgerald House)
Questo intervento ripropone l'idea di Hasegawa-Naito di far drenare l'endolinfa verso gli spazi subaracnoidei, ma senza aprire la dura madre e pertanto senza esporre il paziente al rischio di infezioni (meningiti) e fistole liquorali.
Si esegue un'ampia apertura del sacco endolinfatico secondo G. Portmann e da questa s'introduce un piccolo drenaggio di teflon rivolto verso l'interno, favorendo il passaggio di endolinfa verso lo spazio sub-aracnoideo. L'incisione eseguita sulla faccia mastoidea del sacco viene poi suturata e ricoperta con gelfoam.
Tutte le figure presenti in questo articolo si riferiscono ad un orecchio destro.
La visione del campo operatorio è quella del chiurgo.
Bibliografia:
Carlo Zini e Carlo Govoni, Chirurgia della vertigine. In Trattato di Tecnica Chirurgica, volume XII, 60-85; Chirurgia otorinolaringoiatrica, UTET, Torino.
Il dott. Carlo Govoni esegue interventi chirurgici nelle seguenti strutture sanitarie:
- Casa di Cura Columbus, via Buonarroti, 48 - Milano
- Hesperia Hospital, via Arquà, 80 - Modena
- Casa di cura Piacenza, via Giacomo Morigi, 41 - Piacenza