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Dott. Carlo Govoni

Medico Chirurgo
Specialista in Otorinolaringoiatria
Chirurgia Testa e Collo
Master in vestibologia

Tel. 3358040811    

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Gli studi storici riferiscono che si iniziò ad educare i bambini affetti da minorazione uditiva nel secolo XVI, prima di allora i sordi vivevano come emarginati. Abbiamo poche notizie su come abbiano vissuto i sordi nel medioevo e nei secoli precedenti, è logico pensare che i soggetti affetti da sordomutismo non fossero integrati nella società.

La storia dei metodi didattici è stata ben descritta da Giulio Ferreri (1), un illustre studioso dei problemi connessi all'educazione dei bambini sordi. E' stato lui ad indicare la seconda metà del secolo XVI come il periodo iniziale della storia dell'educazione al linguaggio delle persone ipoacusiche.

Dalle origini fino alla prima metà del secolo XVI
Identifichiamo questo periodo come la preistoria dell'educazione dei sordi. Infatti nelle civiltà più antiche il sordomuto veniva considerato un soggetto incapace di essere educato e incapace di partecipare alla vita sociale. In quel lontano periodo non era chiaro il rapporto tra perdita della funzione uditiva e mutismo.
Sappiamo che Ippocrate ed Aristotele ebbero delle felici intuizioni su tale patologia, ma queste non vennero sviluppate. Si diffuse il concetto che il sordomuto non fosse educabile per mancanza d'intelligenza.
Un altro filosofo, Paltone (428/427 a. C. - 348/347 a. C.), ebbe l'intuizione che i sordomuti potessero esprimersi tramite gesti, ma anche questo concetto non ebbe seguito.
Il risultato fu che dagli albori della civiltà fino alla prima metà del secolo sedicesimo si diffusero importanti falsi pregiudizi.
1 - Il sordomuto non parla per un difetto incurabile dell'apparato fonatorio.
2 - Il sordomuto, non potendo ascoltare e nemmeno parlare, non è educabile.
3 - Il sordomuto ha capacità intellettive nettamente inferiori a quelle degli altri uomini.

Si pensa che fino al 1550 circa non vi furono casi di educazione di bambini audiolesi. Nella letteratura antecedente al 1550 sono descritti casi di persone che non hanno parlato e, improvvisamente, si sono espresse con la parola. Questi casi hanno le caratteristiche di mutismo psicogeno, dove non c'è mai stata la lesione all'apparato uditivo.
E' difficile capire come vivevano i sordomuti prima del XVI secolo. Probabilmente erano relegati in famiglia, venivano visti come persone bisognose di aiuto, incapaci a svolgere attività produttive ed in grado solo di compiere semplici mansioni. Sul piano giuridico erano considerati degli incapaci, la loro testimonianza non veniva accettata, non potevano fare testamento, era loro vietato intraprendere qualsiasi professione. Sul piano religioso erano considerati non educabili perché il clero riteneva che la fede si propagasse solo con la predicazione in accordo con quanto scritto da S. Paolo. Per questo motivo il soggetto fortemente ipoacusico non poteva conoscere la dottrina cristiana e di conseguenza non poteva ricevere i sacramenti.
Indubbiamente i sordomuti, emarginati nella famiglia, nella società e nei rapporti religiosi, vivevano in una condizione di isolamento particolarmente triste. Alcuni di loro, essendo incapaci di svolgere un lavoro, furono costretti a vivere come mendicanti.

Il primo periodo educativo (dalla seconda metà del secolo XVI al 1777)
Nella seconda metà del secolo sedicesimo iniziarono a cadere i pregiudizi sui sordi dalla nascita.
Gerolamo Fabrizi di Acquapendente (1533 - 1619) è stato il primo ad affermare che il mutismo è la conseguenza della sordità infantile. Comprese che il sordomuto aveva un danno localizzato in entrambe le orecchie e il suo apparato fonatorio era normale. 
Il primo medico a sostenere che il sordomuto poteva essere educato è stato Girolamo Cardano (1501 - 1576). Fu il primo a comprendere che si poteva utilizzare la vicarietà sensoriale. Egli cercò di comunicare con i sordomuti e la sua teoria era racchiusa in questa frase: "il sordo avrebbe dovuto udire leggendo e avrebbe parlato attraverso la scrittura." 
Altro uomo importante nell'abbattere i pregiudizi sui sordomuti è stato Paolo Zacchia (1584 - 1659). Egli era un medico con una grande cultura giuridica. Viene considerato uno dei padri della medicina legale. Lo Zacchia si oppose alla codificazione presente nel Diritto Romano dove i sordomuti erano equiparati agli insufficienti mentali. Per questo autore il sordomuto ha una intelligenza normale, è solo per effetto della sordità e delle difficoltà di comunicazione che il suo sviluppo intellettivo appare rallentato.
In forza delle affermazioni di questi tre medici si giunse ad una svolta nel modo di affrontare i bambini sordomuti. Il sordomuto diventa un individuo che ha solo bisogno di una educazione speciale, idonea a superare il suo handicap.
Sorsero quindi le prime scuole per sordomuti, queste furono a carattere privato e ospitavano i figli di persone benestanti. Tra i primi educatori ricordiamo il monaco benedettino Padre Pedro Ponce de Léon (1520 - 1584). I metodi didattici comprendevano la mimica, la lettura labiale e la lettura di frasi scritte. Uno dei mezzi di comunicazione insegnato dai primi educatori c'è la dattilologia. E' questa una scrittura eseguita con i gesti dove ad ogni lettera corrisponde un preciso gesto.
Nel 1620 venne pubblicato il primo trattato teorico e pratico per comunicare con la dattilologia ad opera di Juan Pablo Bonet. Questo metodo si presentava molto lento e i dialoghi coi bambini sordi erano molto limitati. 
Un notevole passo avanti nell'educazione alla comunicazione dei sordi venne attuato da Giorgio Corrado Amman (1669 - 1724), egli sostenne che l'apparato fonatorio delle persone normali e dei sordi era identico. Scrisse diversi trattati sulle possibilità di far parlare i sordi.
Questo primo periodo si caratterizza per il superamento dei pregiudizi che avevano tenuto per tanti anni i sordi ai margini della società. Sul piano educativo si delineano due tendenze: metodo mimico e metodo orale. Il metodo più diffuso e maggiormente sostenuto dagli educatori era il metodo mimico. Una specie di "scrittura aerea" che avrebbe dovuto sostituire gli aspetti acustici della parola.
Il metodo più recente, sostenuto soprattutto dallo svizzero Giorgio Corrado Amman, si prefiggeva di insegnare al sordo ad utilizzare la sua laringe e quindi emettere suoni. Quest'ultimo metodo venne chiamato: metodo orale

Il secondo periodo educativo (1778 - 1879)
E' questo un periodo ricco di iniziative rivolte al recupero sociale dei bambini sordomuti. L'anno 1778 è l'anno in cui venne aperta a Parigi la prima scuola pubblica per bimbi sordi.
Uno dei personaggi più attivi fu l'abate francese Carlo Michele De l'Epée (1712 - 1789). Fu il fondatore della prima scuola pubblica e scelse il metodo mimico come mezzo preferenziale per comunicare con i sordi. Egli cercò di codificare il linguaggio dei segni utilizzando la dattilologia per i nomi propri e i termini scientifici, inoltre definì dei segni convenzionali per indicare nomi e azioni, permettendo un dialogo sufficientemente rapido. Il metodo dell'abate De l'Epée comprendeva anche lo studio della lettura labiale e anche la possibilità del sordomuto di esprimersi con la parola. Ritengo che in quel periodo fosse relativamente facile dover insegnare a bambini sordomuti diagnosticati tardivamente, quindi bambini con tutti i problemi conseguenti alla diagnosi tardiva come atrofie muscolari da mancato uso di muscoli fonatori. Riporto una frase dell'abate De l'Epée che, pur profondo sostenitore del metodo mimico, lascia comprendere l'importanza del metodo orale: "L'unico mezzo di rendere totalmente i sordomuti alla società è quello d'insegnar loro a comprendere con gli occhi e ad esprimersi con la viva voce." 
A Lipsia il 14 aprile 1778 venne aperta la seconda scuola pubblica per sordomuti per merito di Samuele Heinicke. Questa scuola era basata sul metodo orale.
L'Heinicke studiò anche i problemi psicologici del sordomuto e fu tra i primi a comprendere che il pensiero di questi bambini era fortemente legato alle esperienze visive. Per questo motivo sostenne che il sordo istruito mediante la parola potesse avere una maggiore apertura mentale; da qui la sua ferma opposizione al metodo mimico che definì: "insensato e dannoso per i sordomuti." Ulteriori notizie sul pensiero di coloro che sono sordi dalla nascita sono presenti in altro articolo di questo sito.
Pochi anni dopo iniziò una importante controversia tra l'abate De l'Epée e Samuele Heinicke. I due si confrontarono di fronte agli accademici dell'Università di Zurigo, i quali ritennero che il metodo proposto dall'abate De l'Epée fosse superiore al metodo orale. Il risultato fu che per quasi tutto il secolo XIX il metodo orale si diffuse solo in Germania, mentre il metodo mimico si diffuse in Europa e negli Stati Uniti.

Dopo le scuole di Parigi e Lipsia si aprì a Berlino, ad opera del dott. Ernesto Adolfo Eschke (1766 - 1811) una scuola per sordomuti impostata sul metodo orale, secondo le teorie di Heinicke. Un'altra scuola venne aperta a Vienna e fu impostata seguendo gli insegnamenti dell'abate De l'Epée, integrandoli con insegnamenti finalizzati a favorire lo sviluppo del linguaggio. Alla fine del secolo dicciottesimo sorsero le prime scuole italiane. La prima fu quella di Roma (1784), poi Napoli e Genova. Ulteriori notizie sulle scuole italiane sono presenti in altro articolo.

Nella prima metà del secolo XIX il problema dell'educazione dei bambini con minorazione uditiva venne affrontato da molti educatori di diversi stati europei. Sorsero quindi parecchie scuole, alcune impostate sul metodo mimico, altre sul metodo orale e altre ancora utilizzavano entrambi i metodi.

Il problema dell'istruzione dei sordomuti fu presente anche negli Stati Uniti d'America. Nel 1807 venne aperta la scuola per bambini sordi di New York per merito del reverendo J. Stanford. Successivamente le scuole per sordomuti si diffusero negli Stati Uniti per l'incessante attività del reverendo Thomas Hopkins Gallaudet (1787 - 1851). Egli si recò in Europa e studiò le principali tecniche educative per i sordi. Fu molto interessato al metodo francese dei "segni metodici". Infatti le scuole americane preferirono, all'inzio, il metodo mimico; poi si diffuse anche il metodo orale. Col passare degli anni gli educatori americani divennero molto esperti, ottennerro buoni risultati educativi. Nel 1864 si aprì a Washington il "Collegio Nazionale per sordomuti", cioè la prima scuola di istruzione superiore per questi giovani. La scuola prese il nome di "Gallaudet College" in onore di Thomas H. Gallaudet.

In Europa alcuni educatori, fra questi ricordiamo J. J. Valade-Gabel, proposero con fermezza il metodo orale sostenendo che il sordo doveva imparare la lingua del paese in cui era nato e viveva, sia parlata che scritta. In Germania si cercò di perfezionare il metodo orale e l'educatore più interessante fu Maurizio Federico Hill (1805-1874) che cercò di rendere la didattica per il bambino sordo più simile a quella dei bambini normoudenti.
I principi didattici di Hill si possono così riassumere.
- Predominanza dell'insegnamento orale e della lettura labiale.
- Facilitare lo sviluppo del linguaggio nel sordomuto nel modo più naturale possibile, quasi fosse un bambino udente.
- Insegnare la lingua tenendo presente questi obiettivi: sviluppo dell'intelligenza, comprensione di quanto viene insegnato, cercare di rimuovere ogni ostacolo meccanico all'articolazione dei fonemi e buona pronuncia delle parole.
- Insegnare sempre mediante la parola e pretendere che questa venga sempre usata dagli allievi, anche fuori dell'ambito scolastico.
Le teorie di Hill furono diffuse attraverso diversi libri, uno molto conosciuto è "Guida all'insegnamento dei sordomuti" che venne pubblicato nel 1838. I suoi libri si diffusero in Italia dopo l'unificazione del Regno per merito di Pasquale Fornari (1838-1923) che insegnò nel Regio Istituo per Sordi di Milano.

Nella seconda metà del secolo XIX le disquisizioni didattiche furono particolarmente vivaci e vennero affrontate nel corso di tre importanti congressi: primo congresso degli insegnanti italiani dei sordomuti, Siena, 1873; congresso internazionale di Parigi, 1878;  congresso internazionale di Milano, 1880.

Il congresso di Siena (1873) delineò i criteri fondamentali per una buona lettura labiale e per l'insegnamento dell'articolazione dei fonemi. La maggioranza degli insegnanti italiani era convinta della superiorità del metodo orale rispetto a quello dei segni e si poneva come obiettivo di insegnare ai bambini la lingua parlata e scritta.

Il congresso di Parigi venne promosso per il miglioramento delle condizioni dei ciechi, ma nell'ambito di questa riunione venne istituita una riunione per gli educatori dei sordi. Anche in questa sede i sostenitori del metodo orale prevalsero sui sostenitori del metodo mimico.

La vera svolta avvenne nel congresso internazionale di Milano del 1880.

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Il terzo periodo educativo (dal 1880 ai giorni nostri)
Il congresso di Milano (1880) sancì la predominanza del metodo orale in Europa. Nel medesimo periodo anche negli Stati Uniti si affermò la superiorità del metodo orale.
Il congresso milanese è stato una pietra miliare nell'educazione e nell'integrazione sociale dei bambini sordi. Non fu solo una discussione sui metodi didattici ma si ampliarono le problematiche a tutto ciò che poteva interessare il bambino nato sordo. 
Gli argomenti principali che vennero trattati nel congresso milanese del 1880 sono indicati in dettaglio in altro articolo.

Tra gli argomenti fondamentali si discusse dei diritti del sordomuto. In quel congresso si gettarono le basi per la tutela sociale del sordo dalla nascita. Col passare degli anni sono state approvate leggi specifiche. In Italia ha avuto molta importanza per la tutela dei sordomuti la legge 381 del 26 maggio 1970. Successivamente è stata emanata la legge n. 95 del 20 febbraio 2006 "Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi". L'articolo 1, primo comma, di questa legge recita: "In tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine "sordomuto" è sostituito con l'espressione "sordo".  
La mia opinione è che le parole debbano essere esplicative di un concetto. Sordomuto esprime un deficit sensoriale acustico che si associava a turbe del linguaggio. Il termine sordo esprime solo il concetto di perdita uditiva, così si accomuna il bambino sordo a colui che è diventato sordo dopo l'adolescenza ed ha perfettamente appreso i meccanismi utili per esprimersi con la parola. 
Successivamente al congresso di Milano del 1880 alcune leggi hanno preso in considerazione le persone sordomute. L'art. 96 del codice penale prevede che il sordo sia imputabile se, al momento di commettere il reato, è in grado di intendere e volere. Il sordo può fare testamento pubblico, può essere interrogato nei processi civili e penali, eventualmente ricorrendo ad un interprete. 

Sempre nel congresso di Milano si affrontò il problema dell'importanza della scuola speciale nell'istruzione dei bambini sordomuti. Fino alla seconda metà del secolo ventesimo si ritenne che l'unica soluzione fosse quella di riunire questi bambini in scuole "speciali" dove c'era personale docente adeguatamente preparato. Un primo tentativo di rendere la scuola obbligatoria per i sordomuti fu presentato nel 1872 dal ministro Cesare Correnti, ma il progetto non si trasformò in legge. Dopo oltre cinquant'anni (1923) venne approvata l'obbligatorietà dell'istruzione per coloro che erano stati colpiti da sordità in età evolutiva.

Altro argomento importante discusso nel congresso di Parigi del 1878, poi nel congresso di Milano e tutt'ora oggetto di importanti dibattiti è la preparazione degli insegnanti. Si parla di didattica specializzata, ma esistono reali difficoltà nel preparare buoni insegnati. Occorre tener presente, come avviene per molti aspetti della didattica, che non esiste un metodo valido per tutti i bambini sordi. Questo perchè tutti i bambini sono diversi ed anche perché le perdite uditive spesso sono diverse. Esistono bambini con residui uditivi più o meno validi ed esistono bambini che con apparecchi acustici o con impianti cocleari o con entrambi i presidi che hanno recuperato parte del loro deficit. Di conseguenza l'insegnante deve conoscere diverse tecniche didattiche e deve essere in grado di scegliere quella più adatta per il bimbo che dovrà educare. L'insegante dovrà anche tener presente che la sordità porta a complesse alterazioni psicologiche per mancanza della più importante fonte d'informazione per l'encefalo. 
La preparazione degli educatori dei bambini sordi è un argomento interessante perchè riconosce la necessità di una preparazione specifica per chi ha questo delicato compito.

_______________
1  Ferreri Giulio: Disegno storico dell'educazone dei sordomuti. 3 volumi. Società Editrice Libraria, Milano, 1916-1919.
2  Francocci G.: Il sordomuto nella scuola e nella vita. F.lli Bocca Editori, Milano, 1942. 
3  Furth H.G.: Pensiero senza linguaggio. Implicazioni psicologiche della sordità. Armando Editore, Roma, 1971.
4  Sacks O.: Vedere voci. Un viaggio nel mondo dei sordi. Milano, Adelphi edizioni, 1990. 

 

Questo argomento è stato affrontato con maggiore completezza nel capitolo 7 del libro "La sordità infantile" di Carlo Govoni.

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Sempre in tema di educazione Carlo Govoni ha scritto nel 1993 il libro "L'importanza della diagnosi audiologica precoce nell'educazione al linguaggio e nell'integrazione scolastica dei bambini sordi." con prefazione di Guerrino Giocolieri.

Altri articoli sull'importanza dell'udito sono presenti nella sezione otoneurolaringologia.

 

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