LA VERTIGINE E I DISTURBI DELL’EQUILIBRIO
Intervista al dott. Carlo Govoni di Cristina Bertolini.
Articolo pubblicato sulla PAGINA DELLA SALUTE del quotidiano PRIMA PAGINA REGGIO del 15 aprile 2015 a pag. 11
Dott. Govoni molte persone si lamentano per avere vertigini, si tratta sempre di vere vertigini?
No. E’ doveroso precisare che cosa d’intende per vertigine, perché alcune persone hanno idee confuse e percorrono strade sbagliate. Per vertigine intendiamo una erronea percezione dell’ambiente che ci circonda, quasi sempre con caratteristiche rotatorie. Il paziente riferisce di vedere la stanza che gira oppure dice di essere lui a non avere stabilità e pensa di compiere movimenti rotatori. Non sono vertigini la sensazione di stare per cadere, oppure il vedere scuro, o la necessità di camminare a gambe larghe.
Qual è l’organo ammalato in caso di vera vertigine?
L’organo colpito è il labirinto e le vie nervose che partono da esso. E’ questo una parte dell’orecchio interno scavata nell’osso temporale. E’ un organo poco conosciuto e particolarmente complesso dal punto di vista anatomico. E’ importante cercare di capire perché l’uomo sta in piedi e cosa succede in caso di vertigine. L’uomo riesce a mantenere la posizione eretta perché il cervello elabora informazioni provenienti da sensori presenti nelle piante dei piedi, dagli occhi e dai due labirinti. L’alterazione di un solo labirinto è sufficiente a creare uno squilibrio che è appunto la vertigine.
Perché chi ha vertigine, quindi ha un labirinto ammalato, ha strane sensazioni rotatorie?
Le malattie vestibolari sono malattie che colpiscono un labirinto oppure la via nervosa collegata a quel labirinto e di conseguenza portano informazioni sbagliate al cervello. Il sistema che regola l’equilibrio è un sistema sensoriale molto diverso da quelli che conosciamo meglio come i sistemi uditivo o visivo. In questi ultimi se c’è un occhio che non vede la persona utilizza l’altro occhio e ha un senso della vista quasi normale. Lo stesso avviene per l’apparato uditivo, mentre non è così per il sistema che regola l’equilibrio. Il cervello deve sempre analizzare contemporaneamente gli stimoli provenienti dai due labirinti, fonde le due informazioni ed agisce di conseguenza. Quando c’è un labirinto ammalato arrivano al cervello due stimolazioni diverse alle quali non sa reagire. C’è come una sorta di messa in “tilt” del sistema e la reazione del cervello è anomala: fa compiere agli occhi dei movimenti orizzontali, ritmici. Il paziente ha quindi la sensazione che l’ambiente giri attorno a lui, oppure si sente girare su se stesso.
Spesso le persone raccontano che vedono girare la stanza, ma si lamentano per molti altri disturbi come la nausea, dolori addominali, vomito, mal di testa. Ci sono collegamenti tra questi disturbi e la vertigine?
Certamente. La vertigine è il sintomo del disorientamento nello spazio, però si associa sempre ad altra sintomatologia variabile da soggetto a soggetto. La nausea e il vomito sono i sintomi più tipici, ma non sono i soli.
Quali sono le forme di vertigine più frequenti?
Esiste una malattia che per frequenza supera tutte le altre: è la vertigine parossistica di posizione. E’ una vertigine che colpisce in maggioranza le donne. Alcuni, erroneamente, la chiamano labirintite. La labirintite vera è una malattia rarissima e molto grave, spesso complicanza di gravi otiti. Un’altra malattia temibile, ma anch’essa di raro riscontro, è la malattia di Ménière. Questa è una malattia invalidante in quanto alla vertigine si associa l’ipoacusia e l’acufene.
La malattia di Ménière è molto temuta perché è spesso incurabile. E’ vero?
Sicuramente è una malattia difficile da trattare, però sono possibili diverse soluzioni terapeutiche. Si pensa che alla base di questa malattia ci sia un eccesso di liquido nel labirinto; da qui il termine di idrope endolinfatica. Questo eccesso di liquido viene generalmente curato con farmaci che favoriscono la diuresi. Si associano anche farmaci sintomatici che aiutano a superare le crisi di vertigine e la nausea. In effetti non sempre si riesce a risolvere il problema con la terapia medica.
Esistono altre soluzioni?
Sì, per i casi gravi e recidivanti di malattia di Ménière sono state proposte alcune soluzioni chirurgiche. Sono possibili interventi sul sacco endolinfatico e interventi di neurectomia, cioè sezione del nervo vestibolare. Gli interventi sul sacco endolinfatico consentono, già con la decompressione, di migliorare le possibilità di espandersi dell’endolinfa. Una volta aperta la mastoide e raggiunto il sacco, come si può vedere dal disegno, sono possibili diverse manovre per l’apertura e il deflusso dell’endolinfa.
Ci può dire qualcosa sugli acufeni, è questo un problema molto diffuso?
Esatto, si stima che circa il 7-8% della popolazione abbia questo problema. Per acufene s’intende la percezione di un suono in assenza di una fonte esterna che lo generi. L’acufene è quindi un sintomo che si accompagna a moltissime malattie dell’orecchio. Non esiste una cura per l’acufene in quanto tale, esiste però la possibilità di fare un’accurata visita per cercare di capire la malattia che ha determinato l’acufene, e in alcuni casi è possibile curare la malattia con beneficio anche per il rumore che il paziente percepisce. Questo approccio metodologico può essere fatto nel corso di normali visite specialistiche otorinolaringoiatriche in qualsiasi ambulatorio.
Quali sono i problemi più importanti per chi soffre di vertigini?
E’ molto difficile che una malattia vertiginosa si presenti con una instabilità persistente e incurabile. I problemi più frequenti sono il superamento della fase acuta e prevenire la recidiva. Le possibilità terapeutiche in fase acuta sono legate all’uso di farmaci specifici e di farmaci sintomatici. Questi ultimi sono molto utili per rendere più sopportabili le ore e i giorni successivi alla crisi vertiginosa.
Alcuni medici sostengono di recuperare i pazienti attraverso specifiche manovre della testa. La base fisiopatologica è che la vertigine è provocata da una alterazione di alcuni cristalli (otoliti – spesso chiamati anche sassolini) che sono finiti in una sede diversa da quella dove dovrebbero stare. Con la manovra l’otolita uscito dalla sua sede rientra e quindi il paziente non dovrebbe più avere la vertigine. L’applicazione pratica di questo concetto non è semplice in quanto questa fuoriuscita dell’otolita non è un evento che vediamo, ma è solo una nostra interpretazione sulla base della visita medica che abbiamo fatto. E’ sempre una nostra interpretazione affermare che l’abbiamo riposto nella sua sede. Il rischio che si corre nell’affidarsi unicamente a queste manovre è appunto quello di non risolvere il problema.
Si può fare qualcosa per prevenire le recidive?
Sono dell’opinione che il medico debba curare i pazienti cercando anche di prendere provvedimenti perché la loro vita futura migliori. E’ importante cercare di cambiare le abitudini di una persona, in particolare stimolare l’attività fisica. Ritengo anche utile l’apporto di integratori e polivitaminici che possono essere somministrati per un lungo periodo.
Cosa possiamo dire a chi soffre di vertigine?
Innanzitutto si deve cercare di risolvere la fase acuta con l’aiuto dei medici, solitamente il medico di famiglia è in prima linea. Il ricorso allo specialista è necessario nelle forme di vertigine acute e resistenti al trattamento. Lo specialista dovrà definire la diagnosi ricorrendo ad eventuali accertamenti strumentali come le prove audiologiche, vestibolari, la Risonanza Magnetica e gli esami ematici. Si dovrà anche indirizzare il paziente verso diverse abitudini di vita e predisporre un trattamento a lungo termine per evitare il ripresentarsi di episodi vertiginosi.
Vedi anche:
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