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Dott. Carlo Govoni

Medico Chirurgo
Specialista in Otorinolaringoiatria
Chirurgia Testa e Collo
Master in vestibologia

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Questa storia ha come protagonista un giovane nato sordo nella prima metà del secolo XVII, quando le conoscenze sulla sordità infantile erano scarse; il ragazzo venne educato adeguatamente e riuscì a parlare. Fu un evento straordinario per l'epoca, ma il fatto non ebbe la risonanaza che meritava,

Il personaggio è Emanuele Filiberto Amedeo di Savoia Carignano, detto il muto. Egli è stato il secondo principe di Carignano e fu governatore di Ivrea e di Asti.

Emanuele Filiberto di Savoia Carignano 1628 1709

 

Emanuele Filiberto Amedeo era il primogenito del Principe Tommaso di Savoia Carignano e sua madre era la Principessa Maria di Borbone Soissons. In seguito alla vittoria dei francesi nella seconda guerra del Monferrato (1628 / 6 aprile 1631) Tommaso dovette andare in Francia come ostaggio. Emanuele Filiberto Amedeo (più semplicemente Principe Filiberto) nacque il 20 agosto 1628 in Francia a Moutiers (dipartimento della Savoia). Presto i genitori si accorsero che Filiberto non era in grado di riconoscere i suoni, non rispondeva ai richiami verbali, non parlava e la sua educazione si presentò molto difficile.

Ai tempi erano già consolidati gli studi di Girolamo Cardano (1501 - 1576) che aveva chiarito che il mutismo non era un problema laringeo, ma si trattava di una conseguenza della sordità. Successivamente diversi educatori si erano sforzati di insegnare ai sordi a parlare. In quel periodo veniva riconosciuta come più evoluta la scuola spagnola diretta da Padre Pedro Ponce de Léon (1520 - 1584), egli aveva gettato le basi teoriche e pratiche per l'educazione dei giovani sordi. Tra i principi didattici utilizzati dagli insegnanti c'erano diversi metodi come la lettura labiale e la dattilologia. L'obiettivo della scuola spagnola era quello di concentrarsi sull'insegnamento orale e scoraggiare il linguaggio dei segni. Si utilizzava solo la dattilologia, cioè una metodica che aveva lo scopo di trasformare ogni lettera in un gesto. Un sistema complicato che permetteva di far comprendere al sordo tutte le parole. Questo metodo era complesso, ma ebbe un seguito e nel 1620 venne pubblicato, sempre in Spagna, il primo trattato di dattilologia ad opera di Juan Pablo Bonet.

Ovviamente il linguaggio delle parole è un sistema di comunicazione veloce mentre la dattilologia era lenta e di difficile applicazione. Gli educatori compresero che se si volevano integrare i bambini sordi occorrevano metodi educativi rapidi. L'obiettivo di riuscire a far parlare il bambino sordo non era una utopia. Ai tempi esistevano due linee di pensiero: il metodo mimico (cioè il linguaggio dei segni) e il metodo orale. Con quest'utimo metodo gli educatori concentravano i loro sforzi per insegnare ai sordi la pronuncia delle parole. 

Nel seicento era opinione comune che i migliori insegnanti per l'educazione dei sordi fossero quelli che usavano il metodo orale e, tra questi, primeggiavano gli spagnoli.

I Savoia Carignano erano coscienti delle difficoltà che avevano di fronte e affidarono il Principe Filiberto alla scuola di Don Manuel Ramierez de Carriòn a Madrid, in Spagna. Manuel Ramierez prediligeva il metodo orale ed Emanuele Filiberto venne istruito secondo questa metodica. Questi insegnamenti furono particolarmente utili: il Principe Filiberto riuscì a parlare in italiano, in spagnolo e in francese. Riuscì anche a leggere e a scrivere in latino. Manuel Ramirez aveva la fama di essere un insegnante in grado di demutizzare i sordi e, per quanto ci viene tramandato dagli storici, si può dire che sia riuscito nel suo intento. 

Dopo diverse vicissitudini il Principe Filiberto rientrò in Piemonte ove gli vennero insegnate le principali conoscenze teoriche indispensabili per il governo di uno stato. Nell'ottobre del 1647 la Principessa Maria di Borbone Soissons decise di andare a Parigi con i figli. Purtroppo a causa dei loro handicap trovarono una fredda accoglienza e Filiberto comprese di essere isolato e senza alcuna possibilità di inserimento. Occorre anche precisare che Manuel Ramirez non andò in Francia e pertanto Filiberto perse anche il suo educatore più efficente.

Nel luglio del 1649 la Principessa Maria e i figli abbandonrono la corte di Francia e rientrarono in Piemonte.  Purtroppo il rapporto del Principe con la madre non fu dei migliori, sicuramente avere un figlio con un grave handicap veniva visto come un castigo divino e questa mancata accettazione della sordità del ragazzo creò notevoli disagi al Principe Filiberto.

Il 17 settembre 1684 il Principe si sposò con Maria Caterina d'Este. Questo matrimonio non fu gradito da Luigi XIV di Borbone, Re di Francia (detto anche "Re Sole"). Il motivo è da ricercarsi negli obiettivi del Re Sole, egli voleva avere ottimi rapporti con i reali della Savoia e avesse già in mente di far sposare al Principe Filiberto una delle sue figlie. 
Il matrimonio tra Filiberto e una Principessa di casa d'Este è dimostrativo che il Principe non voleva farsi condizionare dal potentissimo Re di Francia. Questo matrimonio venne considerato dal Re una provocazione, Luigi XIV pretendeva una richiesta di perdono, che ovviamente il Principe Filiberto non fece mai. 

Il Principe ebbe importanti incarichi, in particolare divenne governatore di Ivrea ed Asti.

Gli ultimi anni di vita del Principe furono travagliati. La morte lo colse a Torino il 21 aprile 1709.

*          *          *          *

Questa è una storia poco nota e purtroppo viene raccontata a volte con riferimenti all'attualità. Fatti recenti di casa Savoia non interessano.

La storia del Principe Filiberto, detto "il muto" perché nato sordo, è di estremo interesse. Si tratta di un Principe, un uomo predestinato a governare, che ha ricevuto una specifica educazione al linguaggio. Di lui sappiamo che ha imparato a parlare.
Sappiamo poco della vita di altri sordomuti che non non avevano avuto questo privilegio. Ci sono tre argomenti che desidero sottolineare: 1) La scelta del metodo educativo: linguaggio dei segni vs linguaggio verbale.  2) L'isolamento sociale e  3) La mancata accettazione della sordità del figlio da parte dei genitori.

 

1) La disputa tra linguaggio dei segni e linguaggio verbale.
Il secolo XVII era caratterizzato da diversi pregiudizi sui bambini nati sordi, cioè sordi preverbali (sordi prima dell'acquisizione del linguaggio). Questi bambini in quasi tutto il mondo del tempo erano considerati non educabili. Si poteva parlare con loro solo a gesti. La comunicazione visivo-gestuale non è un sistema privo di logica. E' un meccanismo codificato che ha permesso di dialogare con i sordi per migliaia di anni. E' anche il metodo che sorge spontaneamente nelle comunità miste: sordi ed udenti. Ovviamente questo tipo di comunicazione aveva molti limiti, era lento e spesso potevano manifestarsi delle incomprensioni.

Possiamo dire che già nel seicento esisteva il problema di scegliere quale metodo utilizzare per comunicare con i sordi e diverse scuole avevano dato la preferenza al metodo orale. La storia ci insegna che occorrerà arrivare al Congresso Internazionale di Milano del 1880 per vedere ufficialmente riconosciuta la prevalenza del metodo orale rispetto al metodo mimico.

Emanuele Filiberto Amedeo di Savoia Carignano, anche grazie ai suoi genitori, è stato un precursore. Proprio percé era stato educato con un metodo orale, da adulto, potè assumere il ruolo di Governatore di Ivrea ed Asti. Non poteva sentire ma era in grado di fare discorsi.

Per sottolineare l'importanza del linguaggio dei segni è utile ricordare la comunità di Martha Vineyard [1] dove si è sviluppato naturalmente il linguaggio dei segni.

 

2) L'isolamento sociale

Abbiamo visto che con una adeguata educazione era possibile "demutizzare" i sordi. Però non era possibile far sentire i sordi. La vita sociale di una persona è soprattutto ascoltare e parlare. Sempre nell'impostazione più antica si diceva che il sordo ascolta con gli occhi, cioè facendo riferimento alla comunicazione visivo-gestuale. L'uso dei gesti, molto naturale per i sordi, non è mai stata completamente eliminata.

 

3) La mancata accettazione della sordità del figlio da parte dei genitori.
E' abbastanza sicuro che quando Tommaso di Savoia Carignano e sua moglie si accorsero che Filiberto era sordo cercarono un rimedio. Il fatto che affidarono l'educazione del figlio a Don Manuel Ramirez de Carrion sicuramente alimentò delle speranze e il giovane Filiberto doveva essere uomo di elevato ingegno in quanto riuscì ad imparare tre lingue. Per un sordo questo è stato sicuramente un traguardo importante. Gli sforzi del suo insegnante e penso anche degli altri addetti alla persona del giovane Principe erano ambiziosi e credo che raggiunsero il massimo per l'epoca. Filiberto riusci a parlare ma purtroppo l'ostacolo sociale costituito dalla sordità non poteva essere superato. Per questo motivo nella vita sociale era un isolato e questo gli creò problemi soprattutto quando andò a vivere alla corte del Re Sole, a Parigi. Sappiamo che ad un certo punto decise di abbandonare Parigi e rientrare in Piemonte. La vita di un ragazzo sordo in una grande città e in un ambiente così vasto e importante come la Corte di Re Sole non era facile. La madre vedeva suo figlio come diverso dagli altri giovani che frequentavano la Corte e questo fu un importante motivo di distacco affettivo. 

 

Questa storia, se fosse stata ben recepita, avrebbe insegnato che già nel seicento, senza apparecchi acustici, senza amplificatori, senza impianti cocleari era possibile far parlare (ovvero "demutizzare") i sordi. Passeranno anni per arrivare ad aprire scuole speciali per sordi. L'educazione speciale era rimasta possibile fino al XIX secolo solo per pochi eletti

 

______________________________

1]  Martha's Vineyard è un isola degli Stati Uniti (Massachusetts) dove nel XIX c'era la più alta percentuale di sordi (0,7%) mai registrata. Esistono motivi genetici e religiosi che hanno portato a questo. La notizia importante che in quell'isola si sviluppo naturamente il linguaggio dei segni tra i sordi e gli udenti erano in grado di capire ed esprimersi col metodo mimico. Era questa una comunità molto particolare dove tutti gli udenti erano in possesso di due modalità espressive: la verbo-acustica e la visivo-gestuale.

 

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