E’ stato fatto uno studio dove alcuni ricercatori hanno valutato i casi di persone decedute che potevano essere strappate alla morte negli stati dell'Unione Europea.

Secondo il rapporto Eurostat nella Unione Europea (UE) nell’anno 2013 sono morte un milione e settecentomila persone con meno di 75 anni e di queste 577.535 si sarebbero potute salvare se avessero ricevuto cure migliori. Secondo questo studio, e non è il solo, in Europa il 33,7% delle persone morte con meno di 75 anni si sarebbe potuta salvare. Sempre secondo chi ha elaborato questo studio in Italia la percentuale di persone che si sarebbero potute salvare sarebbe di pochissimo migliore della media (33,0%).  

Secondo il rapporto Eurostat gli stati dove c’è l’assistenza migliore sono la Francia (23,8%), la Danimarca (27,1%) e l’Olanda (29,1%). Già questi valori lasciano perplessi, secondo chi ha fatto questi studi statistici dove c’è la miglior sanità si registra che ogni 4 persone morte, una poteva essere salvata. Sempre secondo questi ricercatori negli altri stati la situazione è peggiore.

Il problema delle persone che sarebbe possibile strappare alla morte è estremamente complicato. Sono del parere che quando si vuole affrontare problemi così complicati non si dovrebbero mai fare analisi statistiche. Una analisi statistica va bene per calcolare parametri semplici come l’altezza media di una popolazione o il grado d'istruzione o il peso in rapporto al sesso e all’età. In un altro articolo ho spiegato che non ha alcun significato fare studi per stabilire qual è il miglior ospedale o il miglior medico, proprio perché il miglior ospedale e il miglior medico non esistono.

Sappiamo che una analisi statistica sulle persone decedute riguarda un gran numero di soggetti che vengono valutati in modi diversi. Delle persone decedute possiamo avere due fonti d’informazione: la scheda di morte (esiste per tutti) e la cartella clinica (solo per coloro che sono morti in un ospedale o in una clinica).

Sappiamo che per ogni persona deceduta un medico compila la scheda di morte. In Italia per tutte le persone decedute esiste una scheda ISTAT che viene compilata da un medico. Il compilatore della scheda ha conoscenze mediche molto diverse, può essere il medico di famiglia che ha seguito il paziente per molti anni oppure il medico di un pronto soccorso che vede la persona per la prima volta, oppure se il soggetto arriva all’ospedale cadavere la scheda viene compilata da chi esegue l’autopsia. E’ chiaro che le conoscenze sul singolo caso sono variabilissime, avremo schede di morte ben compilate e altre schede compilate in modo molto approssimativo. L’approssimazione non è per negligenza medica, ma in certi casi, per esempio persona trovata morta lungo una strada non è possibile conoscere le sue malattie.

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Chi fa studi statistici può prendere visione della cartella clinica solo per coloro che sono morti in ospedale. E’ chiaro che raramente, soprattutto se si tratta di una morte evitabile, troveremo una relazione dettagliata di ciò che è stato fatto. Quindi sarà molto difficile trovare se ci sono state delle carenze assistenziali. Nelle cartelle cliniche non si parla mai di errori sanitari o di carenze nell'assistenza.

Altro problema fondamentale è: chi stabilisce che la persona poteva essere salvata? 

Per un medico, per esempio un consulente del Pubblico Ministero, sarà molto difficile stabilire se quella persona poteva essere salvata quando si possiede una cartella clinica e si procederà ad una autopsia. Questi casi penso che rappresentino meno dell’uno per mille dei casi di morte.

Nella migliore delle ipotesi un medico dovrebbe rispondere che non può affermare con certezza che quella persona poteva essere salvata almeno nel 50% dei casi sottoposti ad autopsia. Negli altri casi i dubbi interpretativi dovrebbero essere superiori al 90%.

Il concetto importante è che molte volte i ricercatori e gli amanti delle statistiche si pongono dei problemi molto importanti, come lo stabilire attraverso la lettura di schede, se una persona poteva essere salvata o no. La valutazione fatta da chi si occupa di statistica è semplicente una analisi delle cause di morte scritte sulle relazioni mediche.

Nel 2013 ci sono stati nella UE 577.535 decessi di persone con età inferiore a 75 anni, di queste circa un terzo (184.000persone) sono morte per attacchi cardiaci e infarto del miocardio. Il 16% (93.900 persone) sono morte per ictus (infarto cerebrale), il 12% (67.000 persone) per cancro al colon, il 9% (50.800 donne) per cancro al seno; il 5% (28.700 persone) per complicanze dell’ipertensione arteriosa e il 4% (24.100 persone) per polmonite.

I teorici delle statistiche hanno praticamente stabilito che tutti i tumori maligni del colon e della mammella sono curabili, che non si può morire per ictus o per infarto, ecc. La realtà la vedo molto diversa, ogni uomo fa storia a sé, per esempio ci sono tumori maligni molto aggressivi ed anche in persone che hanno fatto screening di prevenzione sono state colpite da queste malattie e nonostante le cure sono morte.
Suscita perplessità il leggere che in un anno ventiquattromila persone in Europa sono morte per polmonite. Forse perché non sono stati somministrati antibiotici? Purtroppo per i medici lo stato di salute è un concetto molto complicato. Può essere che sulla scheda di morte sia stato scritto “polmonite” semplicemente perché ad una sommaria indagine quello sembrava il problema più importante. Quasi certamente non sono state fatte autopsie, non sono stati eseguiti accertamenti precisi ed è stata scritta la diagnosi più semplice. Nelle schede ISTAT di morte negli ospedali italiani si usa moltissimo la causa “arresto cardiaco”, semplicemente perché è una diagnosi semplice e tutti coloro che sono morti hanno il cuore che non batte.

Nello specifico affermare che nella popolazione ci sono persone che sono morte ma potevano essere salvate è una affermazione che poi, venendo diffusa dalla stampa [per esempio “Il giorno” 25 maggio 2016] mette sfiducia nella sanità. Fa quasi pensare che in 577.535 casi i medici abbiano dormito di fronte a persone che stavano per morire e che potevano essere salvate.

Ritengo che queste analisi statistiche dovrebbero essere vietate perché non è possibile attraverso la lettura di cause di morte, stando seduti davanti ad un computer, stabilire quali sono le persone che sono morte e che la moderna medicina avrebbe potuto salvare.

Dove è la sanità migliore? Ricercare l'eccellenza nella medicina specialistica sembra un argomento di notevole interesse. Ritengo che non abbia senso stabilire che in Francia, Danimarca e Olanda c’è la migliore sanità europea. Sono stato in ospedali universitari francesi e olandesi e non mi sono mai accorto che lì la sanità sia migliore rispetto agli ospedali italiani di buon livello.

Sono dell'avviso che per la buona assistenza sanitaria sia importante il rapporto medico-paziente. Questo è un rapporto fiduciario e ritengo che l'attività privata, proprio perchè consente di personalizzare il rapporto, abbia un enorme vantaggio rispetto alla sanità pubblica. Nel sistema pubblico il paziente si rivolge ad un servizio, oggi incontra un medico, domani un altro. Nella libera professione il rapporto è sempre con il medico che è stato scelto dal paziente. Ritengo che l'eccellenza medica risieda soprattutto in un rapporto fiduciario personale tra paziente e medico e questo si realizza molto più facilmente nella libera professione.

 

 

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