Carlo Govoni
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Dott. Carlo Govoni
Medico Chirurgo
Specialista in Otorinolaringoiatria
Chirurgia Testa e Collo
Master in vestibologia
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Gli studi storici riferiscono che si iniziò ad educare i bambini affetti da minorazione uditiva nel secolo XVI, prima di allora i sordi vivevano come emarginati. Abbiamo poche notizie su come abbiano vissuto i sordi nel medioevo e nei secoli precedenti, è logico pensare che i soggetti affetti da sordomutismo non fossero integrati nella società.
La storia dei metodi didattici è stata ben descritta da Giulio Ferreri (1), un illustre studioso dei problemi connessi all'educazione dei bambini sordi. E' stato lui ad indicare la seconda metà del secolo XVI come il periodo iniziale della storia dell'educazione al linguaggio delle persone ipoacusiche.
Dalle origini fino alla prima metà del secolo XVI
Identifichiamo questo periodo come la preistoria dell'educazione dei sordi. Infatti nelle civiltà più antiche il sordomuto veniva considerato un soggetto incapace di essere educato e incapace di partecipare alla vita sociale. In quel lontano periodo non era chiaro il rapporto tra perdita della funzione uditiva e mutismo.
Sappiamo che Ippocrate ed Aristotele ebbero delle felici intuizioni su tale patologia, ma queste non vennero sviluppate. Si diffuse il concetto che il sordomuto non fosse educabile per mancanza d'intelligenza.
Un altro filosofo, Paltone (428/427 a. C. - 348/347 a. C.), ebbe l'intuizione che i sordomuti potessero esprimersi tramite gesti, ma anche questo concetto non ebbe seguito.
Il risultato fu che dagli albori della civiltà fino alla prima metà del secolo sedicesimo si diffusero importanti falsi pregiudizi.
1 - Il sordomuto non parla per un difetto incurabile dell'apparato fonatorio.
2 - Il sordomuto, non potendo ascoltare e nemmeno parlare, non è educabile.
3 - Il sordomuto ha capacità intellettive nettamente inferiori a quelle degli altri uomini.
Si pensa che fino al 1550 circa non vi furono casi di educazione di bambini audiolesi. Nella letteratura antecedente al 1550 sono descritti casi di persone che non hanno parlato e, improvvisamente, si sono espresse con la parola. Questi casi hanno le caratteristiche di mutismo psicogeno, dove non c'è mai stata la lesione all'apparato uditivo.
E' difficile capire come vivevano i sordomuti prima del XVI secolo. Probabilmente erano relegati in famiglia, venivano visti come persone bisognose di aiuto, incapaci a svolgere attività produttive ed in grado solo di compiere semplici mansioni. Sul piano giuridico erano considerati degli incapaci, la loro testimonianza non veniva accettata, non potevano fare testamento, era loro vietato intraprendere qualsiasi professione. Sul piano religioso erano considerati non educabili perché il clero riteneva che la fede si propagasse solo con la predicazione in accordo con quanto scritto da S. Paolo. Per questo motivo il soggetto fortemente ipoacusico non poteva conoscere la dottrina cristiana e di conseguenza non poteva ricevere i sacramenti.
Indubbiamente i sordomuti, emarginati nella famiglia, nella società e nei rapporti religiosi, vivevano in una condizione di isolamento particolarmente triste. Alcuni di loro, essendo incapaci di svolgere un lavoro, furono costretti a vivere come mendicanti.
Il primo periodo educativo (dalla seconda metà del secolo XVI al 1777)
Nella seconda metà del secolo sedicesimo iniziarono a cadere i pregiudizi sui sordi dalla nascita.
Gerolamo Fabrizi di Acquapendente (1533 - 1619) è stato il primo ad affermare che il mutismo è la conseguenza della sordità infantile. Comprese che il sordomuto aveva un danno localizzato in entrambe le orecchie e il suo apparato fonatorio era normale.
Il primo medico a sostenere che il sordomuto poteva essere educato è stato Girolamo Cardano (1501 - 1576). Fu il primo a comprendere che si poteva utilizzare la vicarietà sensoriale. Egli cercò di comunicare con i sordomuti e la sua teoria era racchiusa in questa frase: "il sordo avrebbe dovuto udire leggendo e avrebbe parlato attraverso la scrittura."
Altro uomo importante nell'abbattere i pregiudizi sui sordomuti è stato Paolo Zacchia (1584 - 1659). Egli era un medico con una grande cultura giuridica. Viene considerato uno dei padri della medicina legale. Lo Zacchia si oppose alla codificazione presente nel Diritto Romano dove i sordomuti erano equiparati agli insufficienti mentali. Per questo autore il sordomuto ha una intelligenza normale, è solo per effetto della sordità e delle difficoltà di comunicazione che il suo sviluppo intellettivo appare rallentato.
In forza delle affermazioni di questi tre medici si giunse ad una svolta nel modo di affrontare i bambini sordomuti. Il sordomuto diventa un individuo che ha solo bisogno di una educazione speciale, idonea a superare il suo handicap.
Sorsero quindi le prime scuole per sordomuti, queste furono a carattere privato e ospitavano i figli di persone benestanti. Tra i primi educatori ricordiamo il monaco benedettino Padre Pedro Ponce de Léon (1520 - 1584). I metodi didattici comprendevano la mimica, la lettura labiale e la lettura di frasi scritte. Uno dei mezzi di comunicazione insegnato dai primi educatori c'è la dattilologia. E' questa una scrittura eseguita con i gesti dove ad ogni lettera corrisponde un preciso gesto.
Nel 1620 venne pubblicato il primo trattato teorico e pratico per comunicare con la dattilologia ad opera di Juan Pablo Bonet. Questo metodo si presentava molto lento e i dialoghi coi bambini sordi erano molto limitati.
Un notevole passo avanti nell'educazione alla comunicazione dei sordi venne attuato da Giorgio Corrado Amman (1669 - 1724), egli sostenne che l'apparato fonatorio delle persone normali e dei sordi era identico. Scrisse diversi trattati sulle possibilità di far parlare i sordi.
Questo primo periodo si caratterizza per il superamento dei pregiudizi che avevano tenuto per tanti anni i sordi ai margini della società. Sul piano educativo si delineano due tendenze: metodo mimico e metodo orale. Il metodo più diffuso e maggiormente sostenuto dagli educatori era il metodo mimico. Una specie di "scrittura aerea" che avrebbe dovuto sostituire gli aspetti acustici della parola.
Il metodo più recente, sostenuto soprattutto dallo svizzero Giorgio Corrado Amman, si prefiggeva di insegnare al sordo ad utilizzare la sua laringe e quindi emettere suoni. Quest'ultimo metodo venne chiamato: metodo orale.
Il secondo periodo educativo (1778 - 1879)
E' questo un periodo ricco di iniziative rivolte al recupero sociale dei bambini sordomuti. L'anno 1778 è l'anno in cui venne aperta a Parigi la prima scuola pubblica per bimbi sordi.
Uno dei personaggi più attivi fu l'abate francese Carlo Michele De l'Epée (1712 - 1789). Fu il fondatore della prima scuola pubblica e scelse il metodo mimico come mezzo preferenziale per comunicare con i sordi. Egli cercò di codificare il linguaggio dei segni utilizzando la dattilologia per i nomi propri e i termini scientifici, inoltre definì dei segni convenzionali per indicare nomi e azioni, permettendo un dialogo sufficientemente rapido. Il metodo dell'abate De l'Epée comprendeva anche lo studio della lettura labiale e anche la possibilità del sordomuto di esprimersi con la parola. Ritengo che in quel periodo fosse relativamente facile dover insegnare a bambini sordomuti diagnosticati tardivamente, quindi bambini con tutti i problemi conseguenti alla diagnosi tardiva come atrofie muscolari da mancato uso di muscoli fonatori. Riporto una frase dell'abate De l'Epée che, pur profondo sostenitore del metodo mimico, lascia comprendere l'importanza del metodo orale: "L'unico mezzo di rendere totalmente i sordomuti alla società è quello d'insegnar loro a comprendere con gli occhi e ad esprimersi con la viva voce."
A Lipsia il 14 aprile 1778 venne aperta la seconda scuola pubblica per sordomuti per merito di Samuele Heinicke. Questa scuola era basata sul metodo orale.
L'Heinicke studiò anche i problemi psicologici del sordomuto e fu tra i primi a comprendere che il pensiero di questi bambini era fortemente legato alle esperienze visive. Per questo motivo sostenne che il sordo istruito mediante la parola potesse avere una maggiore apertura mentale; da qui la sua ferma opposizione al metodo mimico che definì: "insensato e dannoso per i sordomuti." Ulteriori notizie sul pensiero di coloro che sono sordi dalla nascita sono presenti in altro articolo di questo sito.
Pochi anni dopo iniziò una importante controversia tra l'abate De l'Epée e Samuele Heinicke. I due si confrontarono di fronte agli accademici dell'Università di Zurigo, i quali ritennero che il metodo proposto dall'abate De l'Epée fosse superiore al metodo orale. Il risultato fu che per quasi tutto il secolo XIX il metodo orale si diffuse solo in Germania, mentre il metodo mimico si diffuse in Europa e negli Stati Uniti.
Dopo le scuole di Parigi e Lipsia si aprì a Berlino, ad opera del dott. Ernesto Adolfo Eschke (1766 - 1811) una scuola per sordomuti impostata sul metodo orale, secondo le teorie di Heinicke. Un'altra scuola venne aperta a Vienna e fu impostata seguendo gli insegnamenti dell'abate De l'Epée, integrandoli con insegnamenti finalizzati a favorire lo sviluppo del linguaggio. Alla fine del secolo dicciottesimo sorsero le prime scuole italiane. La prima fu quella di Roma (1784), poi Napoli e Genova. Ulteriori notizie sulle scuole italiane sono presenti in altro articolo.
Nella prima metà del secolo XIX il problema dell'educazione dei bambini con minorazione uditiva venne affrontato da molti educatori di diversi stati europei. Sorsero quindi parecchie scuole, alcune impostate sul metodo mimico, altre sul metodo orale e altre ancora utilizzavano entrambi i metodi.
Il problema dell'istruzione dei sordomuti fu presente anche negli Stati Uniti d'America. Nel 1807 venne aperta la scuola per bambini sordi di New York per merito del reverendo J. Stanford. Successivamente le scuole per sordomuti si diffusero negli Stati Uniti per l'incessante attività del reverendo Thomas Hopkins Gallaudet (1787 - 1851). Egli si recò in Europa e studiò le principali tecniche educative per i sordi. Fu molto interessato al metodo francese dei "segni metodici". Infatti le scuole americane preferirono, all'inzio, il metodo mimico; poi si diffuse anche il metodo orale. Col passare degli anni gli educatori americani divennero molto esperti, ottennerro buoni risultati educativi. Nel 1864 si aprì a Washington il "Collegio Nazionale per sordomuti", cioè la prima scuola di istruzione superiore per questi giovani. La scuola prese il nome di "Gallaudet College" in onore di Thomas H. Gallaudet.
In Europa alcuni educatori, fra questi ricordiamo J. J. Valade-Gabel, proposero con fermezza il metodo orale sostenendo che il sordo doveva imparare la lingua del paese in cui era nato e viveva, sia parlata che scritta. In Germania si cercò di perfezionare il metodo orale e l'educatore più interessante fu Maurizio Federico Hill (1805-1874) che cercò di rendere la didattica per il bambino sordo più simile a quella dei bambini normoudenti.
I principi didattici di Hill si possono così riassumere.
- Predominanza dell'insegnamento orale e della lettura labiale.
- Facilitare lo sviluppo del linguaggio nel sordomuto nel modo più naturale possibile, quasi fosse un bambino udente.
- Insegnare la lingua tenendo presente questi obiettivi: sviluppo dell'intelligenza, comprensione di quanto viene insegnato, cercare di rimuovere ogni ostacolo meccanico all'articolazione dei fonemi e buona pronuncia delle parole.
- Insegnare sempre mediante la parola e pretendere che questa venga sempre usata dagli allievi, anche fuori dell'ambito scolastico.
Le teorie di Hill furono diffuse attraverso diversi libri, uno molto conosciuto è "Guida all'insegnamento dei sordomuti" che venne pubblicato nel 1838. I suoi libri si diffusero in Italia dopo l'unificazione del Regno per merito di Pasquale Fornari (1838-1923) che insegnò nel Regio Istituo per Sordi di Milano.
Nella seconda metà del secolo XIX le disquisizioni didattiche furono particolarmente vivaci e vennero affrontate nel corso di tre importanti congressi: primo congresso degli insegnanti italiani dei sordomuti, Siena, 1873; congresso internazionale di Parigi, 1878; congresso internazionale di Milano, 1880.
Il congresso di Siena (1873) delineò i criteri fondamentali per una buona lettura labiale e per l'insegnamento dell'articolazione dei fonemi. La maggioranza degli insegnanti italiani era convinta della superiorità del metodo orale rispetto a quello dei segni e si poneva come obiettivo di insegnare ai bambini la lingua parlata e scritta.
Il congresso di Parigi venne promosso per il miglioramento delle condizioni dei ciechi, ma nell'ambito di questa riunione venne istituita una riunione per gli educatori dei sordi. Anche in questa sede i sostenitori del metodo orale prevalsero sui sostenitori del metodo mimico.
La vera svolta avvenne nel congresso internazionale di Milano del 1880.
Il terzo periodo educativo (dal 1880 ai giorni nostri)
Il congresso di Milano (1880) sancì la predominanza del metodo orale in Europa. Nel medesimo periodo anche negli Stati Uniti si affermò la superiorità del metodo orale.
Il congresso milanese è stato una pietra miliare nell'educazione e nell'integrazione sociale dei bambini sordi. Non fu solo una discussione sui metodi didattici ma si ampliarono le problematiche a tutto ciò che poteva interessare il bambino nato sordo.
Gli argomenti principali che vennero trattati nel congresso milanese del 1880 sono indicati in dettaglio in altro articolo.
Tra gli argomenti fondamentali si discusse dei diritti del sordomuto. In quel congresso si gettarono le basi per la tutela sociale del sordo dalla nascita. Col passare degli anni sono state approvate leggi specifiche. In Italia ha avuto molta importanza per la tutela dei sordomuti la legge 381 del 26 maggio 1970. Successivamente è stata emanata la legge n. 95 del 20 febbraio 2006 "Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi". L'articolo 1, primo comma, di questa legge recita: "In tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine "sordomuto" è sostituito con l'espressione "sordo".
La mia opinione è che le parole debbano essere esplicative di un concetto. Sordomuto esprime un deficit sensoriale acustico che si associava a turbe del linguaggio. Il termine sordo esprime solo il concetto di perdita uditiva, così si accomuna il bambino sordo a colui che è diventato sordo dopo l'adolescenza ed ha perfettamente appreso i meccanismi utili per esprimersi con la parola.
Successivamente al congresso di Milano del 1880 alcune leggi hanno preso in considerazione le persone sordomute. L'art. 96 del codice penale prevede che il sordo sia imputabile se, al momento di commettere il reato, è in grado di intendere e volere. Il sordo può fare testamento pubblico, può essere interrogato nei processi civili e penali, eventualmente ricorrendo ad un interprete.
Sempre nel congresso di Milano si affrontò il problema dell'importanza della scuola speciale nell'istruzione dei bambini sordomuti. Fino alla seconda metà del secolo ventesimo si ritenne che l'unica soluzione fosse quella di riunire questi bambini in scuole "speciali" dove c'era personale docente adeguatamente preparato. Un primo tentativo di rendere la scuola obbligatoria per i sordomuti fu presentato nel 1872 dal ministro Cesare Correnti, ma il progetto non si trasformò in legge. Dopo oltre cinquant'anni (1923) venne approvata l'obbligatorietà dell'istruzione per coloro che erano stati colpiti da sordità in età evolutiva.
Altro argomento importante discusso nel congresso di Parigi del 1878, poi nel congresso di Milano e tutt'ora oggetto di importanti dibattiti è la preparazione degli insegnanti. Si parla di didattica specializzata, ma esistono reali difficoltà nel preparare buoni insegnati. Occorre tener presente, come avviene per molti aspetti della didattica, che non esiste un metodo valido per tutti i bambini sordi. Questo perchè tutti i bambini sono diversi ed anche perché le perdite uditive spesso sono diverse. Esistono bambini con residui uditivi più o meno validi ed esistono bambini che con apparecchi acustici o con impianti cocleari o con entrambi i presidi che hanno recuperato parte del loro deficit. Di conseguenza l'insegnante deve conoscere diverse tecniche didattiche e deve essere in grado di scegliere quella più adatta per il bimbo che dovrà educare. L'insegante dovrà anche tener presente che la sordità porta a complesse alterazioni psicologiche per mancanza della più importante fonte d'informazione per l'encefalo.
La preparazione degli educatori dei bambini sordi è un argomento interessante perchè riconosce la necessità di una preparazione specifica per chi ha questo delicato compito.
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1 Ferreri Giulio: Disegno storico dell'educazone dei sordomuti. 3 volumi. Società Editrice Libraria, Milano, 1916-1919.
2 Francocci G.: Il sordomuto nella scuola e nella vita. F.lli Bocca Editori, Milano, 1942.
3 Furth H.G.: Pensiero senza linguaggio. Implicazioni psicologiche della sordità. Armando Editore, Roma, 1971.
4 Sacks O.: Vedere voci. Un viaggio nel mondo dei sordi. Milano, Adelphi edizioni, 1990.
Questo argomento è stato affrontato con maggiore completezza nel capitolo 7 del libro "La sordità infantile" di Carlo Govoni.
Sempre in tema di educazione Carlo Govoni ha scritto nel 1993 il libro "L'importanza della diagnosi audiologica precoce nell'educazione al linguaggio e nell'integrazione scolastica dei bambini sordi." con prefazione di Guerrino Giocolieri.
Altri articoli sull'importanza dell'udito sono presenti nella sezione otoneurolaringologia.
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I tumori maligni della lingua colpiscono una persona ogni diecimila abitanti. Prediligono il sesso maschile nel rapporto di 1 a 4. Solitamente sono colpite le persone dopo il 50° anno di età, anche se raramente questa malattia può osservarsi in soggetti di età inferiore.
I più noti fattori predisponenti sono il fumo (sigaretta, sigaro e pipa) e l'assunzione di bevande alcooliche. L'essere fumatori e contemporaneamente bevitori aumenta il rischio di malattia.
Predispone al tumore della lingua la masticazione del tabacco e del betel (o paan). Questi sono fattori di rischio estremamente rari nella popolazione italiana, non è così per le popolazioni del sud-est asiatico.
Altre cause importanti sono la scarsa igiene orale, la presenza di protesi dentarie incongrue e anche denti con la corona spezzata. Sono pure importanti nel determinare la malattia le protesi odontoiatriche parziali che contengono ganci metallici. Spesso accade che una protesi ben eseguita, col passare degli anni, per fenomeni di atrofia della gengiva, perda la sua stabilità e si trasformi in una spina irritativa per il margine linguale. In queste sedi potrà svilupparsi un tumore maligno. Anche in questi casi la presenza di una spina irritativa dentaria in una persona che fuma o beve alcoolici comporta una maggiore facilità a sviluppare un tumore.
Leggi tutto: Acufeni - diagnosi e terapia a Milano presso il Columbus Clinic Center
La sanità pubblica presenta un problema importante costituito dalle lunghe attese dei pazienti sia per visite, sia per interventi e anche per urgenze al Pronto Soccorso. E' questo un fatto ben noto che travaglia la sanità da anni, forse già dal 1979. Sappiamo che la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale è la n. 833 del 23 dicembre 1978. Rileggendo questa data penso che quel giorno non fosse tra i più fortunati perché nella notte, verosimilmente per un errore dei piloti, un DC-9 dell'Alitalia si schiantò su Punta Raisi durante la manovra di atterraggio. 108 furono i morti e solo 21 i sopravissuti.
Il principio ispiratore di questa rivoluzione sanitaria è stato e continua ad essere l'articolo 32 della Costitutizione che recita che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti." L'obiettivo era creare una sanità gratuita (o a basso costo) per tutti su imitazione del National Health Service Brittanico. Il Servizio Sanitario inglese era sorto nel 1946 e coinvolgeva i quattro stati che formano il Regno Unito di Gran Bretagna. Col passare degli anni entrambi i servizi, quello inglese e quello italiano, sono stati ampiamente ridimensionati e tutti e due stanno passando un periodo di crisi. Il problema reale è che non ha senso istituire un servizio sanitario dove l'utente paga pochissimo o non paga. Oggi il servizio inglese non funziona, ormai la sanità inglese è quasi tutta privata e in Italia, non per un disegno politico ma per semplice realismo, si sta sviluppando molto il servizio privato. Se analizziamo la sanità negli stati a noi confinanti dove è sviluppato il sistema privato (leggi Confederazione Helvetica), possiamo capire che il sistema assicurativo ha dei difetti, ma sicuramente regge nel tempo, soprattutto perché si sviluppa senza chiedere ai cittadini esborsi elevati con le imposte. Uno dei vantaggi del sistema svizzero è che l'assicurato può scegliere il tipo di assistenza. Chi ha molto timore o si sente malaticcio opterà per una formula che consentirà di avere molti servizi a basso costo. Chi si sente sano, è in salute, può decidere per una assicurazione sanitaria che lo tuteli solo dai danni fisici importanti. Ovviamente i contributi per l'assicurazione sanitaria saranno diversi in rapporto alla scelta effettuata. Il risultato lo si vede tutti i giorni. Gli svizzeri hanno massima fiducia nel loro sistema sanitario e non escono dai loro confini per farsi curare. Per gli italiani è vero il contrario.
Il servizio sanitario italiano non consente differenziazioni personali e questo è un errore gravissimo. Lo stato dovrebbe fornire una tutela che definisco "standard", uguale per tutti. Se una persona vuole una tutela maggiore, più celere e paga una assicurazione privata e utilizza quella dovrebbe poter avere uno sgravio fiscale consistente. Se si favorisse lo sviluppo e la diffusione delle assicurazioni private si ridurrebbero le richieste di prestazioni a carico del SSN e questo, inevitabilmente, sarebbe in grado di soddisfare meglio le esigenze dei cittadini.
Il vero problema lo individuo nella definizione della parola "diritto" che, secondo molti, si traduce in questo modo: "se essere sano è un mio diritto, io non devo pagare."
Il punto primo da affrontare è che si dovrebbe capire che una sanità reale non potrà essere gratuita se non per una piccola parte della popolazione (gli indigenti). La sanità ha sempre avuto costi molto elevati: occorre pensare ai costi per strumentario, per aggiornamento professionale, per gli edifici, per i trasporti ed anche per cercare di far arrivare le cure anche a chi è impossibilitato a muoversi. La medicina si evolve in continuazione, quindi gli strumenti e le conoscenze mediche vanno adeguate almeno di decade in decade. In pratica uno strumentario che è presente oggi in un ambulatorio, tra dieci anni dovrà essere quasi tutto sostituito. Se pensiamo a reparti chirurgici o di diagnostica per immagini dovremo pensare che tutto si dovrà rinnovare in tempi più brevi. Lo stesso discorso si deve applicare ai medici che devono essere preparati per poter utilizzare le nuove tecnologie, ma allo stesso tempo sappiamo che questa preparazione durerà poco, perché prima o poi le tecnologie saranno superate e sarà necessario un nuovo aggiornamento. Il primo ostacolo che ogni sistema sanitario deve superare sono i costi sempre più elevati per offrire prestazioni sanitarie adeguate.
Il secondo punto importante sono le modificazioni nella formazione dei medici di famiglia. Già negli anni settanta, alle origini della riforma sanitaria italiana i medici di famiglia eseguivano numerose prestazioni nel loro ambulatorio; oggi, per numerose ragioni, le prestazioni offerte sono modificate. A volte viene a mancare il filtro dei medici di base, il risultato è: a) il ricorso alle consulenze specialistiche (con conseguente incremento delle liste di attesa); b) l'invio degli assistiti ai Pronto Socorso (con attese lunghissime); c) richieste di esami strumentali (anche queste richieste che molte volte potrebbero essere sostituite dalla consulenza specialistica, comportano un allungamento delle liste d'attesa). Lo spirito di queste richieste, mi riferisco agli esami strumentali come TAC e RMN, rispetto alle richieste di consulenze, per esempio visite otorinolaringoiatriche e neurologiche, ha dei buoni motivi per esistere. Se un medico di famiglia ha un paziente che sta sviluppando problemi neurologici sa benissimo che una consulenza da un neurologo gli potrebbe risolvere il problema; ma sa che il tempo di attesa potrebbe superare i tre o quattro mesi, allora contemporaneamente chiede RMN e visita neurologica. Molte volte l'esame strumentale, viene erogato prima della visita specialistica, e ovviamente questa duplice richiesta diventa quasi la regola. Negli anni settanta la TC e la RMN non esistevano, gli accertamenti radiologici della testa erano approssimativi, pertanto era logico che il medico insistesse nel richiedere consulenze specialistiche. Tutto questo si svolgeva con costi decisamente inferiori rispetto agli attuali.
Ritengo che la strada per garantire una buona assistenza sanitaria e che si arrivi ad una integrazione tra pubblico e privato. La struttura pubblica dovrebbe concentrarsi su quelle attività che sono importanti e che non può delegare, come l'attività di pronto soccorso (PS). L'attività ambulatoriale, cioè le visite mediche, dovrebbero essere ampiamente delegate alle strutture private. I poliambulatori privati hanno un vantaggio notevole rispetto al servizio pubblico: possono modificarsi in rapporto alle richieste. Le attività ambulatoriali hanno richieste molto variabili nei diversi periodi dell'anno e gli studi privati riescono a soddisfarle meglio.
Quando un cittadino ha un problema di salute richiede prestazioni alle ASL, ma queste richieste trovano un enorme ostacolo nelle liste di attesa. Se un medico ha un paziente con dolore ad uno orecchio. Non riesce a fare una diagnosi e chiede un consulto. Il consulto, se vogliamo che sia utile, deve essere rapido. Questo non avviene. Se il paziente non riesce a risolvere il problema col servizio pubblico è evidente che si rivolge al servizio privato.
Carpi - il castello al centro della città
Temponews.it è un portale on-line legato a Radio Bruno soc. coop con sede a Carpi (Modena) e pubblica spesso articoli sulla attualità carpigiana e modenese. Il 31 dicembre 2023 ha pubblicato un articolo "PS, manca personale: le attese si allungano e la tensione nelle sale d'attesa." Nel testo viene sottolineato il fatto che gli organici sono all'osso. Mi sembra evidente che all'interno di una Azienda Ospedaliera, le attività che si possono delegare dovrebbero venire delegate, solo così sarà possibile non disperdere il personale in attività secondarie.
In questo modo la sanità pubblica potrebbe concentrarsi e migliorare le prestazioni urgenti, che sono quelle che maggiormente preoccupano gli utenti.
Il POLIAMBULATORIO CITTA' di CARPI
è in località Fossoli
qui esegue visite specialistiche otorinolaringoiatriche il dott. Carlo Govoni
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Le otiti dell'orecchio esterno e medio
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Con il miglioramento delle tecniche di Risonanza Magnetica Nucleare mirata sui nervi cocleare, vestibolare e facciale è sempre più frequente la diagnosi di conflitto neuro-vascolare in persone che soffrono per un acufene.
Non è raro che nella risposta del neuroradiologo il paziente legga una definizione alquanto sibillina: conflitto neurovascolare.
La prima osservazione da fare è analizzare le caratteristiche dell'acufene in rapporto al conflitto. Se l'acufene è omolaterale al conflitto, cioè è avvertito in un solo orecchio e questo è quello dove è stata posta diagnosi di conflitto neuro-vascolare, allora il caso merita un particolare approfondimento. In particolare se l'acufene ha caratteristiche pulsanti sincrone col battito cardiaco.
Se si verifica il contrario, per esempio, il conflitto è stato diagnosticato a destra e il paziente percepisce uno strano ronzio a sinistra è evidente che i due eventi non hanno alcuna relazione. Sono dubbi anche quei casi dove il paziente pensa di avere un acufene "nella testa" o in entrambe le orecchie e il conflitto viene evidenziato dal radiologo in un solo orecchio.
Che cos'è il conflitto neurovascolare?
Si tratta di una interferenza, o più spesso una compressione di un vaso arterioso o venoso, verso un nervo cranico. Si tratta di una malattia peculiare della base cranica. In questa pagina si parla di acufeni e pertanto il discorso è limitato ai conflitti a carico dei nervi cranici VIII°(acustico o vestibolo-cocleare) e VII° (facciale). Questi nervi escono dall'osso temporale, percorrono il condotto uditivo interno e l'angolo ponto-cerebellare affiancati. Nella terminologia medica l'insieme di questi nervi è anche detto: pacchetto acustico-facciale. I conflitti neuro-vascolari possono interessare diversi nervi cranici, i più noti sono quelli col nervo vestibolo-cocleare (VIII°); col facciale (VII°), col trigemino (V°) e col glosso-faringeo (IX°). Sono più frequenti i conflitti che coinvolgono il nervo facciale e il nervo trigemino.
Come ho scritto nel titolo mi concentrerò sui conflitti che generano acufeni (o tinnitus), cioè ronzii nelle orecchie, pertanto è sempre interessato il pacchetto acustico-facciale. Qui il nervo interessato è il vestibolo-cocleare (VIII°), chiamato anche nervo stato-acustico.
Per comprendere meglio il problema è necessario fare alcune precisazioni di carattere anatomico sul nervo vestibolo-cocleare. Questo nervo decorre unitamente al nervo facciale e l'insieme prende il nome di pacchetto acustico-facciale (è indicato con 2 nella figura sottostante)
Il contatto tra un vaso (quasi sempre arteria cerebellare anteriore-inferiore) ed il nervo vestibolo-cocleare è una possibile causa di acufeni pulsanti. Questa arteria tende a formare un'ansa (4) che si appoggia sul pacchetto acustico facciale (2) e in molti casi proprio da quest'ansa si diparte l'arteria uditiva interna (3). Un' altra caratteristica di questo tipo di conflitto sono gli attacchi ricorrenti di vertigini, questi si verificano quando il contatto tra vaso arterioso e nervo riguarda il nervo vestibolare. Si hanno attacchi di vertigine di breve durata, spesso associati ad acufeni (vestibular paroxysmia).
Visione dell'angolo ponto-cerebellare destro secondo la via d'accesso retrosigmoidea.
1: nervo trigemino; 5: tronco basilare; 6: nervi misti
Altri numeri nel testo.
Le varianti anatomiche rispetto al disegno sono numerose. Nel disegno si vede il pacchetto acustico facciale penetrare nell'osso temporale attraverso il meato acustico interno. In alcuni casi l'ansa (4) dell'arteria cerebellare anteriore inferiore è più lunga e penetra all'interno del meato acustico interno (o condotto uditivo interno). Coloro che presentano questa variante è più facile che vadano incontro ad acufeni.
Come è già stato detto il nervo vestibolo-cocleare decorre affiancato al nervo facciale, pertanto è relativamente frequente che un vaso arterioso possa esercitare un contatto e una pressione anche sul nervo facciale (VII° nervo cranico). In questi casi il sintomo tipico è lo spasmo di un ramo del nervo facciale, detto anche emispasmo del facciale. Sono presenti spasmi facciali che interessano sempre un solo lato del viso. I muscoli più spesso interessati in queste contrazioni anomale sono l'orbicolare dell'occhio o i muscoli delle labbra. Qui possono essere coinvolti diversi vasi arteriosi come il tronco basilare, l'arteria cerebellare anteriore inferiore oppure l'arteria cerebellare posteriore inferiore.
Trattamento del conflitto neuro-vascolare (ottavo nervo cranico).
Sappiamo che il conflitto neuro-vascolare che interessa l'ottavo nervo cranico è una malattia rara e qualcuno, a mio parere in modo semplicistico, propone l'intervento chirurgico. Si tratta di un intervento di otoneurochirurgia estremamente complesso. La via d'accesso è dietro al padiglione auricolare. Sono descritte due vie: via retrosigmoidea a minima (Bremond) e via sub-occipitale. Quando attraverso una accurata risonanza magnetica nucleare viene posta la diagnosi di conflitto, raramente (o forse mai) si deve proporre al paziente uno degli interventi suddetti dove si spiega che spostando l'arteria o la vena e interponendo materiale idoneo si risolve il problema. Io sono dell'idea che è importante una accurata valutazione del caso sia clinico che radiologico e poi decidere cosa fare. La decisione migliore è spesso aspettare e ripetere le indagini diagnostiche a distanza di anni.
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