Carlo Govoni
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Dott. Carlo Govoni
Medico Chirurgo
Specialista in Otorinolaringoiatria
Chirurgia Testa e Collo
Master in vestibologia
Tel. 3358040811 dal lunedì al venerdì preferibilmente dalle 10,30 alle 12,00
NO SMS NEL SITO NON C'E' PUBBLICITA'
Si definisce ascolto binaurale la percezione uditiva umana caratterizzata dalla ricezione dei suoni da entrambe le orecchie e la percezione di un unico suono.
I suoni in un soggetto normoacusico raggiungono le orecchie con lievissime differenze di intensità e di fase. Questo si verifica principalmente a causa dell'ostacolo prodotto dalla testa nel propagarsi dell'onda sonora.
Pochi medici hanno capito il dramma che c'è dietro alla perdita uditiva; prenderò spunto da una affermazione di Ramon Y Cajal che mette in chiaro le conseguenze di questo deficit sulla vita di relazione di ogni uomo.
"Con la perdita dell'udito si chiude una delle porte più ampiamente aperte sul mondo: quelle attraverso le quali entrano cultura e socializzazione." Ramon Y Cajal, premio Nobel per la medicina nel 1906.
Sappiamo che la perdita dell'udito è correlata all'età. Se la vita umana durasse duecento anni saremmo tutti sordi. Sappiamo anche che l'avanzare dell'età comporta una serie innumerevole di problemi, tra questi ha molta importanza il decadimento cognitivo. Non è facile prevenire il decadimento cognitivo, ma cercare il più possibile di conservare l'udito è sicuramente un obiettivo fondamentale.
Ramon Y Cajal Ha detto che la perdita dell'udito comporta perdita della socializzazione e questo è facilmente comprensibile. La socializzazione tra gli uomini è fondata sul dialogo verbo-acustico.
Più difficile è spiegare perché con la perdita dell'udito si perde la capacità di accrescere la nostra cultura. Io sono convinto che fino a quando l'udito funziona in modo accettabile anche l'apprendimento di nuovi concetti si verifica abbastanza regolarmente. Quando i concetti entrano nella mente con la sola lettura sorgono non pochi problemi. Il sordo che legge è molto difficile che confronti il suo pensiero con altri, perché la modalità più semplice di confronto è quella verbo-acustica. Può scrivere, ma con la scrittura è molto facile avere malintesi e perdite di tempo. Oggi si usano le chat, gli scambi di SMS, ecc. dove si può fare una comunicazione senza l'udito, ma è diffcile poter sostenere un dialogo. Se l'argomento è semplice e concreto, per esempio la lista della spesa, questa può essere scambiata molto bene con un SMS. Ma quando l'argomento contiene concetti astratti diventa molto più difficile da trasmettere.
Tutto questo lo aveva capito Ludvig van Beethoven che si rese perfettamente conto che col progredire della sordità che lo aveva colpito si isolava dagli amici e pensava che questi lo considerassero un misantropo. Beethoven capiva perfettamente che a causa della sordità spesso era costretto a fingere di aver capito concetti che non aveva compreso affatto. Mi è facile pensare che quando le conversazioni erano culturalmente elevate e spesso si riferivano a concetti astratti lui fosse in notevole difficoltà. Per non dare l'impressione di non capire non partecipava, isolandosi maggiormente. Per un intellettuale rendersi conto di avere difficoltà a migliorare o anche solo mantenere il proprio livello culturale è un dramma. Per questo motivo ritengo che alla base del deficit cognitivo che colpisce tutti gli uomini con l'avanzare dell'età ci sia il deficit uditivo.
Beethoven non era anziano, sappiamo che già a 26 anni aveva i primi sintomi di una incipiente sordità. Il decadimento sensoriale uditivo è un dramma che ci coinvolge tutti, di fronte al quale abbiamo poche armi per combatterlo.
Gli effetti "più conosciuti" della perdita uditiva
1 - Minore interazione sociale - Isolamento sociale
2 - Diminuzione della memoria
3 - Minore capacità di apprendimento
Questi tre concetti rappresentano i più importanti effetti della perdita uditiva secondo la letteratura corrente. Il primo, cioè l'isolamento sociale, è logico e ben comprensibile a tutti.
Il secondo, la diminuzione della memoria, lo ritengo un falso concetto. Le capacità mnesiche di una persona non sono correlate alla perdita uditiva. Con la perdita uditiva diminuisce il flusso delle entrate nel nostro cervello. Diminuiscono i concetti da memorizzare.
Anche per la minore capacità di apprendimento vale lo stesso discorso, nella persona che diventa sorda diminuiscono i concetti da apprendere perchè partecipa meno alla vita sociale, perché non capisce pienamente i discorsi che ascolta.
Gli effetti della perdita uditiva
1) Isolamento sociale
2) Diminuzione dei concetti da apprendere
La diminuzione dei concetti da apprendere si può sintetizzare come "minore sviluppo culturale" in piena sintonia con quanto affermato da Ramon Y Cajal e con quanto aveva intuito Ludwig van Beethoven,
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- Accadeva in Italia nel 1969 - Si scambiava la sordità per idiozia.
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Il cervello è l’organo principale del sistema nervoso centrale, qui hanno sede i centri della motilità, della percezione sensoriale, della memoria, del linguaggio e di tutte le funzioni superiori. Il cervello è contenuto nella scatola cranica e contiene i centri che presiedono alla motilità, alla percezione sensoriale e a molte altre funzioni come l'attenzione, l'apprendimento, la memoria, l'elaborazione delle informazioni e la loro comunicazione.
Mente è un termine che sfugge ad una definizione. Si riconoscono tre posizioni.
A La mente è il software biologico del nostro cervello. L’hardware è costituito da organi di senso, laringe e cervello.
B La mente è l’espressione delle attività cerebrali. Le indagini più accreditate per lo studio della mente sono le indagini sugli effetti delle lesioni cerebrali localizzate (sia traumatiche che ischemiche) al fine di identificare regioni specifiche con funzioni precise.
C La mente umana ha caratteristiche proprie. La mente va indagata in quanto tale ed è dissociata dalla fisiologia del cervello.
Ritengo che la prima definizione (mente = software biologico) sia la definizione più semplice e più aderente al vero. La mente umana, al pari di qualsiasi software deve muoversi su un hardware complesso. Che la mente sia l’espressione delle attività cerebrali è egualmente vero. I sistemi di studio attraverso le lesioni a carico di determinati nuclei o determinate aree cerebrali sono una metodica corretta per cercare di capire che cos’è la mente, ma non esclusiva.
Coloro che sostengono che la mente abbia caratteristiche proprie la vedo come una tesi poco aderente alla realtà. Affermo questo per due principali motivi. a) Il vissuto di un uomo è fondamentale per lo sviluppo della mente. b) Le lesioni dell’hardware, e qui non dobbiamo intendere solo le lesioni encefaliche, ma anche quelle degli organi sensoriali e come ho spesso sostenuto condizionano in modo notevole sviluppo della mente. Gli organi di senso principali sono vista e udito, e pure importanti sono le lesioni dell’apparato fonatorio.
Ho fatto spesso riferimento ai bambini sordomuti, questi non hanno che una sola lesione: non sentono. Il non sentire non permette loro lo sviluppo del linguaggio. Il non sentire li ostacola nell'apprendimento. L'apprendimento non è altro che il software biologico che si accresce. Come in tutti i meccanismi evoluti c'è necessità di un ritorno di segnale per capire se l'apprendimento c'è stato. Come possiamo capire che un cervello sta apprendendo correttamente se quel soggetto non parla?
E' palese il cervello da solo è poca cosa. Quello che sono importanti sono le istruzioni che riceve (apprendimento), la loro elaborazione, la loro esteriorizzazione. Solo se una persona si esprime col linguaggio possiamo capire se ha o non ha capito un concetto.
Affinchè questo software denominato mente (o pensiero) possa svilupparsi sono indispensabili per il cervello umano due feed-back.
Scambiare la sordità per idiozia è un errore macroscopico, ma purtroppo nel passato, e nemmeno in un tempo tanto remoto, è accaduto. Sfogliando un libro di audiologia ho trovato questo articolo tratto dalla rivista PANORAMA del 1969 ed ho pensato di inserirlo nel mio sito perchè non si deve dimenticare il passato.
Scambiare il sordo per un idiota è un fatto che nei secoli passati è sicuramente accaduto. Già nel diritto romano il sordomuto dalla nascita veniva visto come una persona che non poteva conoscere bene i suoi diritti e i suoi doveri, pertanto era considerato un incapace e gli veniva assegnato un Curatore. Sappiamo che, soprattutto prima della seconda guerra mondiale, quando non eistevano gli audiometri, la diagnosi di sordità infantile era molto difficile.
Il caso descritto nell'articolo fece molto scalpore perchè la diagnosi di sordità è stata fatta quando era l'anno 1969 e la ragazza aveva 18 anni. Si tratta di una bambina nata nel 1951, in un periodo dove le tecniche audiologiche erano già piuttosto rffinate, però mancavano centri di audiologia diffusi su tutto il territorio nazionale. Non sappiamo in quale provincia abbia vissuto, ma sicuramente negli anni in cui ha fatto le scuole elementari ci potevano essere zone dove l'audiologia infantile era quasi inesistente. Però alla fine degli anni '50, quando la bambina aveva 8-9 anni la diagnosi poteva essere relativamente facile. I bambini iniziano a collaborare e quindi avere un esame audiometrico attendibile non doveva essere un problema.
Leggi tutto: Il pericolo di scambiare la sordità per idiozia
Una tesi importante sul rapporto tra pensiero e linguaggio è stata sviluppata negli anni '30 da Lev Semënovic Vygotskij il quale sostenne che pensiero e linguaggio sono indissolubilmente legati tra loro e nascono assieme. Il suo concetto si sintetizza così: non c'è pensiero senza linguaggio (1). Da questa e da altre affermazioni simili si deduce facilmente che linguaggio e pensiero sono azioni diverse che si integrano tra loro. Il linguaggio non serve solo a trasformare in parole i nostri pensieri, ma ha una funzione regolatrice sul pensiero e sul suo sviluppo. Per lo sviluppo del linguaggio è indispensabile l'integrità degli apparati uditivo e fonatorio e l'interazione tra gli uomini. Col linguaggio si interagisce e si forma il pensiero.
Non dobbiamo dimenticare un altro punto fondamentale: l’uomo pensa nella lingua in cui è abituato a parlare.
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